Uomini che odiano le donne

Il riferimento al titolo non è il primo episodio della saga letteraria e cinematografica dello scrittore svedese Stieg Larsson anche se il tema è molto evocativo.
Vorrei parlare piuttosto del doloroso caso di Luigi Capasso, il carabiniere che a Cisterna di Latina il 28 febbraio 2018 ha attentato alla vita della moglie per poi uccidere le due figliolette prima di suicidarsi.
È la storia della tragedia annunciata, dello stillicidio del femminicidio che non scagiona le responsabilitá – e a volte l’insopportabilitá di alcune donne – ma che non giustifica nemmeno atti di efferata crudeltà che non dovrebbero mai avere luogo.
Come mai succede questo?
Ci sono uomini sbagliati che non si limitano ad approfittare della donna innamorata. Uomini che non accettano la libertà femminile. Che confondono l’amore con il possesso. Che si considerano proprietari del corpo, della vita e della morte di una donna che magari non li vuole più, o li vorrebbe diversi. Intendiamoci: la responsabilità dei femminicidi è sempre e solo dell’assassino. E dovrebbero essere gli uomini i primi a reagire, a isolare i violenti, a fermarli. Sono troppi i casi in cui la donna si ribella, denuncia le minacce, reagisce alle aggressioni, e non riesce a ottenere né protezione né giustizia. Altre volte le donne non osano ribellarsi. Si illudono di poter ancora redimere l’uomo che amano o credono di amare o di cui non riescono a liberarsi. Restare accanto a maschi non all’altezza può essere frutto di una scelta generosa; ma anche dell’incapacità di spezzare situazioni intollerabili. Magari perché le sopraffazioni quotidiane hanno fiaccato la volontà della vittima. La generosità autentica presuppone la consapevolezza, non la dissipazione di sé. Come ha scritto Brunella Guatta, «il lupo non sbrana all’improvviso. Vaglia l’arrendevolezza, la carne cedevole della vittima con morsi sempre più frequenti, per capire fin dove si può spingere. In molte donne persiste la convinzione che sopportare di tutto porterà alla resipiscenza di lui, che tornerà pentito e più innamorato che mai. Il resto spesso lo fa la mancanza di autonomia economica. Le leggi e le procedure possono molto, ma non tutto. Bisogna saper riconoscere e apprezzare chi ci ama e non chi ci sfugge». E Annarita Arleo: «Diventiamo schiave, offriamo la nostra volontà, la nostra dedizione nel tentativo di superare i sensi di colpa. In questo modo collaboriamo all’oppressione di noi stesse». Ecco: amare chi ci ama. La chiave della felicità. Ma accade più spesso di amare chi non ci merita. L’amore purtroppo è fatto anche di rapporti di forza. E una personalità più forte –anche se del tutto intesa al male –può esercitare un potere sulle anime, di cui fa un uso spregiudicato e a volte criminale.
È un vero peccato che di un fatto di cronaca se ne farà un ulteriore uso politico.
Cosa infatti precede la sicurezza e cosa ancora precede il femminicidio se non la crisi della famiglia, del lavoro, della cultura?
Quale partito tra i più blasonati ha messo al primo posto nella sua agenda di ipotetico governo questo trittico?

Fra AMAB ?

 

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