La verità si propone o s’impone?

È molto bella la “Preghiera Semplice” attribuita a S. Francesco di Assisi.
Nelle ultime battute il suo autore chiede al Signore di capire gli altri piuttosto che essere capito.
Ogni dialogo necessità di una reciprocità sia nella comprensione che nell’esposizione di argomenti.
Il senso di quella richiesta è allora la ricerca della verità che si raggiunge da un pensiero libero dal pregiudizio.
Deve essere questa una delle caratteristiche della Chiesa anche nella sua funzione e missione d’insegnare.
L’umiltà è verità.
Questo significa essere sale della terra e luce del mondo.
All’esterno una comunità è luce (Mt 5,14) quando all’interno è sale.
La sua rilevanza viene dalla sua identità: il suo essere accesa di Cristo, luce del mondo, fa luce a chi vuole entrare nella casa (Lc 11,33). Infatti è la «casa» del Padre aperta a tutti, dove tutti sono accolti e vivono da sorelle e fratelli. Nella notte del mondo, dove ognuno vaga senza sapere dove, questa casa luminosa invita ad entrare. Amatevi come io vi ho amato. Da questo conosceranno che siete miei discepoli (Gv 13,34s), perché il mondo sappia che tu mi hai mandato, e li hai amati come hai amato me (Gv 17,23). Ciò che attira è la «reciprocità» dell’amore, manifestazione in terra della stessa Trinità. L’amore è vita e felicità solo dove è reciproco! Nell’amore vicendevole dei credenti, spalancato al mondo, tutti riconoscono la verità del Padre e del Figlio, e vedono la propria realtà di figlie e figli, di sorelle e fratelli. Il «mondo» si aspetta che noi siamo «diversi» da lui, e diamo testimonianza di amore, comunione, mitezza, comprensione, tolleranza, magnanimità, perdono, povertà, condivisione, solidarietà, attenzione ai poveri, rispetto della libertà e delle diversità. Se facciamo come gli altri, siamo giustamente criticati come concorrenti; e il bel nome di Dio è bestemmiato per causa nostra (Is 52,5; Rm 2,24)! Stiamo attenti a non darne pretesti veri o apparenti: cerchiamo di essere sempre più liberi da ogni ricerca di ricchezza, di potere e di gloria. Mettiamo però in conto che saremo criticati anche e soprattutto se facciamo bene. La stampa, ad esempio, ha l’abitudine di parlare sempre e comunque male della Chiesa, stravolgendo o malinterpretando i fatti. Per quanto sta in noi, è giusto cercare di chiarire gli equivoci, conservando sempre un atteggiamento corretto, perché, nel momento in cui si parla male di noi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla nostra buona condotta di vita. Tuttavia non induriamoci nella nostra giustizia. Questa sofferenza è una grazia, per chi conosce il Signore (1Pt 2,19). Beati noi, quando gli altri, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di noi (Mt 5,11): saremo come il Signore che, facendo il bene, porta su di sé il male. Prendiamo la critica altrui mai come polemica, ma sempre come invito a maggiore autenticità e purificazione. Uno entra nella casa perché trova appartenenza vera, riparo sicuro, fraternità aperta, sincerità gioiosa, libertà di essere se stesso. È questo che ritrova nelle nostre comunità anche chi le vede dal di fuori? La Chiesa vanta una lunga storia con una grande tradizione culturale. Questo patrimonio non sia una barriera difensiva contro gli altri, bensì capacità maggiore di comprenderli. La verità non può temere il confronto dialettico.
È così che la verità evangelizza.

Fra AMAB

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