La forza dello stupore

Ho appena assistito con i ragazzi dell’Oratorio parrocchiale al film “Wonder”. E’ l’adattamento cinematografico del romanzo di R. J. Palacio finalista nel 2014 del premio Andersen. Una storia che fa riflettere adulti e bambini perché affronta con delicatezza il tema della disabilità.

Il protagonista è Auggie (Augustus) nato con una tremenda deformazione facciale, “la sindrome di Treacher-Collins”. Dopo anni di protezione da parte della sua famiglia il bambino si trova ad affrontare con coraggio il mondo della scuola. Il piccolo avverte la sua diversità, il peso degli sguardi ripugnanti dei compagni, la compassione ipocrita degli adulti. E’ un bimbo di nove anni che diremmo sfortunato benché goda di una famiglia meravigliosa che lo ama sinceramente: la mamma che ha tutto sacrificato per lui; il papà che fa di tutto per incoraggiarlo e farlo sorridere; la sorella che accetta generosamente di cedere a favore del fratellino quella porzione di attenzioni che gli spetterebbero dai genitori. Malgrado un inizio di anno non facile, August costruirà delle amicizie vere e l’anno scolastico finirà in modo trionfante grazie alla gentilezza con la quale si confronta con le persone intorno a sé. Il professor Brown ogni mese propone ai ragazzi un precetto su cui lavorare: “Quando ti viene data la possibilità di scegliere se avere ragione o essere gentile, scegli di essere gentile”. Dietro e dentro la storia di August c’è il racconto di una sfida epocale, oltre che individuale: come essere se stessi in un mondo che fa di tutto per impedirtelo. E’ la storia di un bambino che entra a scuola come “il mostro” e ne esce come Auggie. “Wonder” che in italiano significa sorpresa, meraviglia, fa emergere il problema dell’immagine, della maschera e dell’autenticità come nell’uno, nessuno e centomila pirandelliano. Continuiamo a vivere in una società che giudica il diverso dall’aspetto ma non è capace di riconoscere la dimensione dell’essere e l’interiorità, la vera meraviglia della persona umana. “Se una persona non può cambiare il suo aspetto, noi possiamo cambiare il nostro sguardo” dice il preside ai genitori intolleranti di un compagnetto di August. L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore» (1Sam 16,7). Albert Einstein diceva che “Chi non sa più provare stupore né sorpresa è come morto; i suoi occhi sono spenti”. Sembra che nella frenesia della vita non ci sia più nulla in grado di affascinare e scuotere la presenza individuale. Assuefatti da immagini di morte, violenze e sofferenze che fluiscono davanti ai nostri occhi gli uomini hanno una visione del mondo acromatica. Una condizione che anestetizza la mente e il cuore dell’uomo, incapace di meravigliarsi sia di fronte al male sia al cospetto del bene e del bello. Affidandosi agli stereotipi della bellezza piatta l’uomo moderno smarrisce lo stupore e di conseguenza l’amore per la vita. Egli non si concede più un momento per fermarsi, osservare, contemplare l’esistente nelle sue molteplici e inesplicabili sfumature. Non è assenza di tempo, come si vuol far credere. Spesso è il timore che suscita fermarsi a pensare, a riflettere, ad ascoltare la vita e quanto essa ha da rivelarci. Per questo viviamo in una società psico-apatica dove la mente non ha la risonanza delle proprie azioni e dei propri sentimenti. Eppure è opportuno sottolineare come il thauma (“meraviglia” in greco) non sia solamente lo stupore positivo che desta la nostra curiosità indagatrice, ma pure l’angoscia che viene a delinearsi di fronte a ciò che non si conosce e che, in quanto tale, è imprevedibile. Per questo, thauma è anche lo stupore attonito di fronte a ciò che è strano, imprevedibile orrendo e mostruoso. Ecco perché lasciarsi stupire dal mondo significa accoglierlo in tutte le sue sfumature di gioia, dolore, vita, morte, ai quali è sottesa, come sosteneva Eraclito, una profonda armonia. Se impariamo a porci di fronte a quanto esiste con un atteggiamento contemplativo, se ci lasciamo sorprendere, cogliamo che la vita non è riducibile e non è semplificabile secondo alcuna categoria prestabilita. La vita stupisce sempre. In essa c’è sempre qualcosa che evade la prigione del concetto. Che rimanda all’oltre. Quell’oltre nel quale è custodita la bellezza che può inondare di senso la nostra esistenza. E’ quanto auguro ai giovani dell’Oratorio con la forza della preghiera, con la forza dell’esempio, con la forza dello stupore.

Fra AMAB

 

 

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