LETTERA ALLE MAMME 2018

Dilette fedeli, è mio pio desiderio che la nostra chiesa-famiglia parrocchiale di Calderà viva la festa della mamma in un atteggiamento di comunione e di rendimento di grazie.

Non voglio sostituirmi alle accorate letterine che i vostri figli e figlie vi indirizzeranno forse quest’oggi, ma sento di esprimere un primo “grazie” alla Santissima Trinità per il dono della maternità che trova in Maria il modello più sublime.

Il grazie al Signore per il suo disegno sulla vocazione e la missione delle donna nel mondo, diventa anche un concreto e diretto grazie alle donne, a ciascuna donna, per ciò che essa rappresenta nella vita dell’umanità e della nostra parrocchia.

Come scriveva S. Giovanni Paolo II nella sua “Lettera alle Donne” del 1995, “la donna-madre si fa grembo dell’essere umano nella gioia e nel travaglio di un’esperienza unica, che la rende sorriso di Dio per il bimbo che viene alla luce, guida dei suoi primi passi, sostegno della sua crescita, punto di riferimento nel successivo cammino della vita”.

A questa nuova vita storica e biologica abbiamo da sempre affidato alla Vergine Maria anche la nuova vita in Dio di ogni battezzato della parrocchia, nato da donna, potenziale cittadino del Cielo e soggetto chiamato all’eternità.

La maternità di Maria rialza il valore di ogni maternità umana; il fatto che una donna sia diventata Madre di Dio, mostra fino a quale altezza il Padre abbia voluto elevare la maternità umana. In maniera speculare, poi, l’affetto che una donna dà ai suoi figli è l’immagine più toccante dell’amore del Padre per coloro che sono Suoi figli in Cristo.

Bisogna aggiungere che la maternità di Maria, come frutto della sua cooperazione con Dio, costituisce un modello per la maternità d’ordine spirituale nella quale ogni donna – anche se non madre da un punto di vista biologico – può riconoscersi.

La Chiesa guarda a Maria per imparare a vivere la sua maternità spirituale, la sua fecondità generante e la sua fedeltà sconfinata. Maternità, fecondità e fedeltà.

Per questo ci chiediamo: come donna cristiana, come membro attivo della Chiesa, sono madre, feconda e fedele?

La maternità del credente in Cristo si manifesta nel momento in cui sa essere premuroso, docile, attento, prossimo. Come una mamma è tutto questo per amore del suo figlio, così il cristiano è chiamato a vivere questo aspetto materno nei confronti di tutti, non solo dei membri della sua stessa casa, della Chiesa stessa. Si può incorrere nella deriva della chiusura, di un efferato egocentrismo. Ma una mamma è docile, attenta e premurosa soprattutto verso un figlio più bisognoso. Il cristiano lo sarà verso i più deboli, i poveri, gli ammalati, i più piccoli. Come lo fu Maria verso sua cugina Elisabetta.

«È urgente recuperare il carattere di luce proprio della fede, perché quando la sua fiamma si spegne anche tutte le altre luci finiscono per perdere il loro vigore». (Lumen fidei, 4). Parliamo della fecondità delle fede. Una fede feconda è una fede che genera, è una fede che illumina, è una fede che contagia, è una fede che rischiara, è una fede che brilla. Il credente in Gesù, come Maria di Nazareth, deve essere una mamma feconda, che amando davvero genera. Genera con la sua fede cristallina, con la sua fede che matura di giorno in giorno, con la sua fede che testimonia la bellezza dell’essere Chiesa. Il cristiano però non sempre è fecondo, non sempre mostra la bellezza della sua vocazione. Quanti musi, quante dicerie, quante calunnie, quante cattiverie abbruttiscono il volto bellissimo della Chiesa. Si è fecondi quando si vive nella luce e si trasmette la luce. Maria ha trasmesso la luce della sua testimonianza con il servizio e la coerenza di vita.

La Vergine di Nazareth ha pronunciato un fiat ed è stata fedele sino alla fine a quella risposta. Il cristiano ha pronunciato pure il suo fiat con il dono del Battesimo e della Confermazione. È fedele a quel pronunciamento? La fedeltà è il mezzo di misura della fede di ciascun credente. Se si è fedeli, si ha la fede.

Il peccato, le miserie umane, le cadute non sono un alibi per non vivere la fedeltà a Dio. Anzi, sembra che la fedeltà passi proprio attraverso il superamento di queste miserie umane. Certamente non per nostro volere, quanto per amore di Dio. È la misericordia del Padre che permette, nonostante l’infedeltà momentanea umana, di continuare a manifestare la volontà decisa di essere fedele. Dunque, non c’è motivo per non vivere la fedeltà. La Donna di Nazareth quel che ha pronunciato il giorno dell’annuncio dell’angelo lo ha ripetuto ogni giorno della sua vita. Anche sotto la croce Maria ha gridato la sua fedeltà. Non è fuggita, non si è pentita, non ha indietreggiato, non ha imprecato. Maria non ha gridato per il dolore che pure le contorceva il cuore, ma ha gridato tra le lacrime di fede e di speranza, il suo , ha gridato a squarciagola la sua fedeltà.

Certamente sono tante le prove che ci affliggono. Penso ai parrocchiani che recentemente hanno perso una mamma, una moglie, nella morte che non si arrende.

Come diceva Chiara Corbella, la giovane mamma che scelse di portare a termine la sua gravidanza rifiutando una terapia che avrebbe però ucciso il suo piccolo, anche noi crediamo nel fatto che “una volta nati, non moriamo più”. Siamo fatti di Cielo e per il Cielo come scriveva Michel Quoist e con lo sguardo rivolto al firmamento, chissà quanti e quante volte abbiamo invocato la mamma, sicuri della sua intercessione.

Ci sono poi le mamme della nostra parrocchia con i figli che lavorano lontano o con i figli senza lavoro o ancora colpiti dalla malattia, dalle dipendenze o afflitti da crisi matrimoniale in corso o ormai già consumata.

Sono vicino a tutte queste persone dal cuore sanguinante e chiedo loro di deporre ogni lacrima ai piedi del Crocifisso, forti come Maria, ma anche fiduciosi come Lei.

Penso infine a uno degli aspetti più delicati della situazione femminile che affligge la nostra umanità, la nostra città e persino la nostra parrocchia. Tante donne sono vilipese, umiliate da atti di violenza anche in famiglia. Alcune donne sono costrette ad interrompere la gravidanza, altre ancora sono disprezzate perché non si sono piegate alla logica della mercificazione.

È ora di condannare con vigore, con gli appropriati strumenti legislativi di difesa, le forme di violenza privata o sessuale che non di rado hanno per oggetto le donne.

In nome del rispetto della persona non possiamo altresì non denunciare la diffusa cultura di permissivismo edonistico.

Vorrei allora dire il mio grazie alle mamme che trasmettono alle figlie il pieno rispetto della loro dignità e del loro ruolo nella Chiesa e nella società.

Ringrazio le mamme e le donne dedite ai vari servizi parrocchiali: il decoro liturgico con i corredi, le pulizie, le composizioni floreali, la catechesi, il ministero straordinario dell’Eucarestia, il ministero del canto, della musica, delle letture, poi ancora la cura ai poveri e agli ammalati, la logistica, fino al buon consiglio o all’attenzione “materna” verso i nostri chierici e religiosi.

Specchiamoci figlie e sorelle nella Tota Pulchra per essere belli anche noi. La via pulchritudinis è la via che siamo chiamati a seguire sulle orme della Vergine di Nazareth con la nostra maternità, la nostra fecondità e la nostra fedeltà.

Con la nostra maternità, fecondità e fedeltà siamo chiamati a rinnovare costantemente il mistero che viviamo oggi, la festa della mamma. Non solo, ma riusciremo a recuperare e a ridare il suo vero significato spirituale a questo evento grandioso e meraviglioso del mese di maggio. Come e con Maria!

Barcellona P.G. 13 maggio 2018                                                                                

 

Ascensione del Signore – Anniversario delle prime apparizioni mariane a Fatima  – Festa della Mamma

 Il vostro parroco

Fra AMAB

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