Nel ricordo di Mico (Dott. Domenico Imbesi)

Ieri notte sono stato raggiunto verso le 23 da una telefonata.
Il mio medico e amico Mico non c’era più.
In meno di trenta secondi di telegrafiche riflessioni, il sentimento di incredulità ha dovuto cedere il posto alla consapevolezza che il gelido bacio di sorella morte aveva ancora toccato una persona cara.
Nei trenta secondi successivi ho pensato alla moglie Tonia, ai figli Luigi e Maria Pia e dopo poco di un minuto ero già in strada per raggiungere la loro casa e manifestare  la mia prossimità.
Nessuna parola in un religioso silenzio: solo preghiera, lacrime e compassione.
Lo scorso anno Mico aveva perduto la sorella Masa mentre si accingeva ad attivare le campane sulla chiesa madre di Novara di Sicilia alla Vigilia dell’Assunta.
La scomparsa di Masa aveva afflitto e segnato profondamente il fratello scavando un solco nel suo cuore i cui argini emotivi non hanno retto all’esondazione sempre più violenta di una mortale somatizzazione e non metabolizzazione del lutto.
Ho pensato a Gesù, alla sua Passione, alla sua morte e alla sua … resurrezione.
Egli interpretò i legami famigliari, il matrimonio e l’amicizia alla luce della divina intimità con il Padre.
Egli divenne l’amico per eccellenza. Realizzò molte relazioni di amicizia con persone adulte. Era intimo amico di Lazzaro e delle sue sorelle, degli apostoli, specialmente Pietro e Giacomo, ma soprattutto di Giovanni il discepolo prediletto. E tuttavia queste amicizie egli le interpretava nei termini della sua unione con Dio Padre e disse: “Vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi” (Gv 15,15).
Ho benedetto quella salma insieme al confratello e suo padrino di cresima Padre Tindaro Iannello e ho visto un volto sereno, raggiante, pur nel livor mortis dell’improvviso arresto cardiaco.
Ritornato in convento ho meditato, solo nel mio letto e con gli occhi al soffitto nel morire del dottor Domenico (Mico) il mio proprio morire e il morire di tanti ogni giorno, in tutto il mondo.
Avevo proprio in giornata letto la definizione di amicizia data da Aelredo di Rievaulx, ne’ “L’amicizia spirituale”: «chiamiamo amici solo quelli cui non temiamo di affidare il nostro cuore con tutto quello che ha dentro, e così fanno anche loro, stringendosi a noi in un legame che ha la sua legge e la sua sicurezza nella fiducia reciproca».
Certamente con il medico e con il prete bisogna stabilire un patto fiduciale che nel nostro caso era sfociato in una sincera amicizia di famiglia.
Appassionato di pianobar Mico aveva lo scorso luglio celebrato nella nostra cappella di Santa Maria del Cenacolo in Case Longo le suo nozze d’argento. Pochi giorni dopo il figlio Luigi, brillante studente di Diritto a Padova aveva festeggiato il suo compleanno nella casa di campagna di Margi.
Ero stanco da una giornata di intensa attività pastorale, ma anche il quel caso avevo voluto rispondere a un invito.
Mico serviva delle pizze da lui stesso preparate e cotte nel forno a legna.
E’ stata l’ultima volta che l’ho visto, anche perché ero un suo cattivo “cliente”.
Avevamo in comune il farci pane spezzato per gli altri o lo stakanovismo di una vocazione a servizio del prossimo: l’uno curava il corpo, l’altro l’anima.
Ora dovrò trovare un altro medico, ma non mi sarà difficile.
I dottori del corpo sono molto e ben più numerosi di quelli dello spirito.
Pur rimettendomi alla Volontà del Signore, spero di continuare ad essere un cattivo cliente dei medici perché questo vorrà significare che posso ancora spendermi per gli altri. Sarà invece più difficile trovare un amico sincero che è entrato nella sua pasqua definitiva come il pane azzimo ancora acerbo dei suoi cinquantacinqueanni di una vita ancora a metà cammino.
Domani pomeriggio i funerali al Duomo di Barcellona.
Pregherò per la sua anima, pregherò per la moglie, i figli, la mamma, i familiari, i pazienti e gli amici nel dolore.
Non chiedo al Signore perché se l’è preso, ma Lo ringrazierò perché ce l’ha dato.
Dice un adagio: “Chi diventa amico di un essere umano, diventa amico di Dio”.
La domanda essenziale non è: «Quanto saremo capaci di fare durante i pochi anni che ci restano da vivere», ma piuttosto: «Come possiamo prepararci alla nostra morte così che il nostro morire sia per noi un nuovo modo di inviare il nostro spirito e lo spirito di Dio a quelli che abbiamo amato e che ci hanno amato?».
Un ultimo pensiero.
Tonia ieri nello scegliere l’immagine del manifesto funebre ha preferito quella della Madonna con le braccia aperte. Mi sono commosso. Mico nutriva sin da bambino una sincera devozione alla Madonna.
Sono sicuro che la Madre della Misericordia lo abbia accolto e condotto nel Regno del Figlio dove lo ha preceduto la brava sorella avvocato Tommasa (Masa) che ricordo ancora all’organo della parrocchia di Novara o in casa del fratello quando con la cognata Tonia, accompagnata dalla tastiera di Mico, cantava “Mediterraneo” di Mango, un artista avvolto da uno stesso mistero, colpito dallo stesso destino di morte inattesa e prematura e che forse contemplava l’infinito proprio nella bellezza della terra di Sicilia, resa ancora più bella dalle persone che la abitano.

Fra AMAB

“Bianco e azzurro sei
Con le isole che stanno lì
Le rocce e il mare
Coi gabbiani
Mediterraneo da vedere
Con le arance
Mediterraneo da mangiare
La montagna là
E la strada che piano vien giù
Tra I pini e il sole
Un paese
Mediterraneo da scoprire
Con le chiese
Mediterraneo da pregare
Siedi qui
E getta lo sguardo giù
Tra gli ulivi
L’acqua è scura quasi blu
E lassù
Vola un falco lassù
Sembra guardi noi
Fermi così
Grandi come mai
Guarda là
Quella nuvola che va
Vola già
Dentro nell’eternità
Quella lunga scia
Della gente in silenzio per via
Che prega piano
Sotto il sole
Mediterraneo da soffrire
Sotto il sole
Mediterraneo per morire
Siedi qui
E lasciati andar così
Lascia che
Entri il sole dentro te
E respira”
Tutta l’aria che puoi
I profumi che
Senti anche tu
Sparsi intorno a noi
Guarda là
Quella nuvola che va
Vola già
Dentro nell’eternità
(Mango)

 

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