S. Eustochia Esmeralda Calafato OSC

Cenni biografici

Emeralda Calafato nacque il 25 marzo 1434 giovedì santo 1434 nel villaggio detto Annunziata, presso Messina. Chiamata al battesimo Smeralda, crebbe in un’atmosfera di pietà.

Il suo papà Bernardo, soprannominato Calafato (destinato a diventare il cognome di tutta la famiglia) esercita il commercio e il trasporto per conto terzi anche via mare, e la mamma, Macalda Romano Colonna, si era affiliata al Terz’Ordine di S. Francesco e viveva una perfetta vita cristiana trasmettendo un grande amore per Chiara e Francesco alla figlia.

A 11 anni, a sua insaputa, Esmeralda si ritrova fidanzata con un maturo vedovo trentacinquenne e subisce questo legame per due anni, fino a quando cioè il “fidanzato” muore improvvisamente, facendola meditare sulla brevità della vita e sulla necessità di usare bene il tempo.

Una visione del Crocifisso, avuta in una chiesa, la decise a darsi completamente al Signore e, respingendo i numerosi pretendenti, domandò di entrare fra le Clarisse di S. Maria di Basicò.

Non ha neppure 14 anni, ma decide di entrare in convento per dedicarsi completamente a Dio. Netto il rifiuto di papà, al quale non mancano certo altre richieste di matrimonio, anche ghiotte, per quella figlia tanto bella: lei rifiuta ogni proposta, scalpita, litiga con papà e cerca addirittura di scappare da casa. La strada per il convento sembra spianarsi il giorno in cui il papà muore in Sardegna, durante uno dei suoi frequenti viaggi commerciali, ma adesso sono le monache a non volerla: hanno paura di vedersi incendiare il convento, come i fratelli di Smeralda hanno minacciato di fare. Riesce comunque a realizzare il suo sogno e ad entrare dalle Clarisse ancor prima di compiere 16 anni, ma quello che a lei sembrava essere il paradiso in terra si rivela completamente diverso da come lo aveva immaginato.

Le insistenze di Smeralda hanno ragione dell’opposizione dei fratelli ed ella, vestendo l’abito religioso delle Clarisse riceve il nome di Eustochia.

Una sua preghiera al Crocifisso mostra da quale zelo fosse animata: “O dolcissimo mio Signore, vorría morire per lo tuo santo amore, cosí come Tu moristi per me! Forami il cuore con la lancia e con i chiodi de la tua amarissima Passione; le piaghe che tu avesti nel tuo santo corpo, che io le abbia nel cuore. Ti domando piaghe, perché mi è grande vergogna e mancamento vedere Te, Signore mio, piagato, che io non sia piagata con Te”.

A Basicò la vita spirituale però si era rilassata; dispense e favoritismi avevano ammorbidito la penitenza per venire incontro alle esigenze delle ragazze di buona famiglia che non volevano rinunciare completamente ai loro agi e alle loro comodità; la badessa, troppo invischiata nelle cose temporali, aveva perso di vista lo spirito di povertà che dovrebbe essere proprio delle figlie di Santa Chiara.

Nel convento di S. Maria di Basicò, uno dei più importanti della Sicilia di allora, asilo delle nobili fanciulle messinesi e perciò oggetto dei privilegi dei re, la beata non trova  il suo ideale di rinunzia, poiché la vita regolare è mitigata da dispense che dispiacciono al suo spirito, nutrito dalle laudi di Jacopone da Todi: progetta quindi una riforma.

Suor Eustochia, si oppone a questo stile di vita e invoca un ritorno alla Regola originaria, dando lei per prima l’esempio di una vita austera, penitente, intessuta di preghiera e di servizio alle sorelle anziane o ammalate. Inevitabile è lo scontro con la badessa e lo strappo doloroso, ma necessario: esce dal convento per fondarne un altro, che più fedelmente segua la Prima Regola di Santa Chiara.

Callisto III, col decreto del 18 ottobre 1457, accoglie le richieste della Calafato che, aiutata anche finanziariamente dalla madre e dalla sorella, si trasferisce nel nuovo convento di S. Maria Accomandata. Nonostante l’opposizione di superiori e consorelle, che non vedevano di buon occhio la riforma, Eustochia vi entra con la madre, la sorella e Jacopa Pollicino. Nemmeno i Frati Minori Osservanti vogliono andare a celebrare la Messa nella nuova fondazione e, abbandonata da tutti, la Calafato si rivolge a Roma, ottenendo un nuovo Breve pontificio, in seguito al quale l’arcivescovo di Messina impone ai Frati Osservanti, sotto pena di scomunica, di assumere la cura spirituale delle suore riformate. Il nuovo convento vede rifiorire i primi tempi del movimento francescano, sotto la ferma guida della fondatrice, che insegna con la parola e con l’esempio l’ideale del Poverello e l’amore del Crocifisso, insieme con l’adorazione eucaristica, nella quale passava notti intere. Le vocazioni affluiscono numerose, tanto che l’edificio diviene troppo angusto per la fiorente comunità; per munificenza di Bartolomeo Ansalone, nel 1463, le Clarisse Riformate si trasferiscono a Montevergine, in un nuovo monastero messinese che esiste tuttora. Ivi, per esortare le consorelle alla virtù e all’amore del Crocifisso, la Calafato scrive un libro sulla Passione.

La Calafato, sceltasi per cella un sottoscala, vive penitente, dormendo poco e sulla nuda terra e affliggendo le sue carni col cilicio e la flagellazione.

Il 20 gennaio 1485 suor Eustochia muore lasciando la sua ultima raccomandazione: “Prendete, figlie mie, il Crocifisso per Padre, ed Egli vi ammaestrerà in ogni cosa”.

Si spegne a 51 anni, il 20 gennaio 1491 e la firma di Dio sulla sua vita santa sono i miracoli che accompagnano questa suora in vita e in morte, rendendola veneratissima. Durante la vita, ed ancor più dopo la morte, si attribuirono alla Calafato infatti tanti miracoli. I messinesi la venerarono come protettrice della loro città, specialmente contro i terremoti; il 2 luglio 1777 il senato della città promise di recarsi ogni anno a Montevergine il 20 gennaio e il 22 agosto; nel 1782, infine, la Calafato fu beatificata da Pio VI.

Smeralda di nome e di fatto doveva infatti essere una bellissima fanciulla se molti sostengono che servì da modella al suo coetaneo Antonello da Messina per dipingere la celebre “Annunziata”. Forse è solo una leggenda, che tuttavia nulla toglie alla sua celebrata bellezza di cui anche oggi ci si può rendere conto: perché, dopo più di 500 anni, il suo corpo è ancora miracolosamente incorrotto, ha passato indenne anche il terremoto del 1908 ed è conservato in una teca di vetro in posizione eretta. La “santa in piedi” (come la chiamava Giovanni Paolo II°).

L’arcivescovo di Messina, nel 1690, scriveva alla S. Congregazione dei Riti: “Il suo corpo, da me diligentemente veduto e osservato, è integro, intatto e incorrotto ed è tale che si può mettere in piedi, poggiando sulle piante di essi. Il naso è bellissimo, la bocca socchiusa, i denti bianchi e forti, gli occhi non sembra affatto che siano corrotti, perché sono alquanto prominenti e duri, anzi nell’occhio sinistro si vede quasi la pupilla trasparente. Inalterate le unghie delle mani e dei piedi. Il capo conserva dei capelli e, quello che reca maggiore meraviglia, si è che due dita della mano destra sono distese in atto di benedire, mentre le altre sono contratte verso la palma della mano [accenno ad una benedizione che la beata avrebbe dato con quella mano, dopo la sua morte, ad una suora. Le braccia si piegano sia sollevandole che abbassandole. Tutto il corpo è ricoperto dalla pelle, ma la carne sotto di essa, si rileva al tatto disseccata”. Ancora oggi si può vedere intatto il corpo della beata ed in piedi nell’abside della Chiesa di Montevergine, esposto alla venerazione del popolo, che in folla vi accorre soprattutto il 20 gennaio e il 22 agosto.

L’iconografia rappresenta la beata in ginocchio dinanzi al Sacramento e, più frequentemente, con la Croce nelle mani.
I martirologi francescani ricordano suor Eustochia al 20 gennaio. L’iconografia rappresenta la beata in ginocchio dinanzi al Sacramento e, più frequentemente, con la Croce nelle mani. Nel 1782 Pio VI ne approva il culto “ab immemorabili” e finalmente Giovanni Paolo II°, nel 1988, proclama Eustochia Calafato santa, proprio come già da 5 secoli era ritenuta dai messinesi e dalle Clarisse.

Una risposta a “S. Eustochia Esmeralda Calafato OSC”

  1. Chiediamo io e mia moglie solo una grazia quella di intercedere per noi al cuore immacolato di Maria e di Gesù per essere rapiti dal loro amore ora e sempre

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *