Il combattente spirituale

Il Vangelo della I Domenica di Quaresima presentandoci le tentazioni di Gesù ci invita al combattimento spirituale in questo incipiente percorso quaresimale.
Ognuno di noi combatte le proprie personali battaglie, ma tutti noi combattiamo. Per vincerle dobbiamo seguire la via del guerriero.
Questo non ha nulla a che vedere con la violenza e l’arroganza ma si riferisce a quella capacità di lottare contro i classici nemici della nostra vita spirituale: il demonio, il mondo e il nostro io.
Sono cresciuto in un ambiente militare e benché abbia scelto di essere un francescano mi sono reso conto quanto sia importante l’atteggiamento del guerriero per vivere in pace con Dio, il prossimo e se stessi.
Napoleon Hill affermava che “Non può essere sconfitto chi continua a combattere.”
Appena estratto, il ferro presenta numerose impurità che lo rendono fragile. Solo attraverso la forgiatura esso diviene acciaio indistruttibile. Come il ferro, l’uomo è indebolito dalle paure e dalle tentazioni, e solo le battaglie che decide di combattere possono forgiarlo e trasformarlo in un guerriero.
Ogni epoca ha avuto i suoi guerrieri: gli Spartani nell’antica Grecia, i cavalieri nel medioevo, i Samurai nel Giappone imperiale. La figura del guerriero è da sempre presente nella storia e nella cultura dell’uomo e non è un caso che proprio il guerriero sia uno dei quattro archetipi chiave dell’essere umano adulto.
In convento ho scoperto presto che i più grandi guerrieri sono stati i santi.
San Massimiliano Maria Kolbe era pieno di bontà, eppure si definiva il Cavaliere dell’Immacolata e fondò u movimento chiamato “La Milizia dell’Immacolata”.
Violenza, guerra, distruzione: i media moderni ci hanno insegnato ad associare la figura del guerriero a queste immagini negative. Inutile negarlo, lo scontro è insito nel DNA di questo archetipo, ma la formazione che ho avuto fin da giovanissimo nell’ambito delle MMA fight mi ha insegnato a focalizzarmi su ben altre qualità.
Onore, rispetto, coraggio, altruismo.
Non è un’arma o la violenza gratuita a far di una persona un vero combattente.
La via del guerriero segue tre principi fondamentali.
1. Affrontare il nemico
Nel 52 a.C., nel corso della battaglia di Alesia, Giulio Cesare si trovò ad affrontare, con le sue 10 legioni, gli 80.000 Galli guidati da Vercingetorige. Fu proprio nell’ambito di questa storica battaglia che gli fu attribuita la famosa frase “Molti nemici, molto onore“. Queste parole vengono spesso travisate: la verità è che non c’è onore nell’essere odiati da molti, l’onore risiede nella capacità di non voltare le spalle al nemico, nemmeno quando questo ci supera in numero o ci pone di fronte a sfide che riteniamo impossibili.
Affrontare il nemico, senza esitazioni, è dunque il primo principio che deve essere rispettato da chi vuole imboccare la via del guerriero. Ma il nemico non è il collega, l’avversario o qualsiasi altro essere umano.
I veri nemici sono altri, sono molto più subdoli e si insinuano tra i meandri della nostra mente: paura, insicurezza, procrastinazione. Sono questi i veri demoni che devono essere sconfitti da un guerriero moderno.
Se la tua vita è deragliata, se senti il bisogno di ricominciare, di premere quel pulsantone rosso con la scritta “reset”, occorre raggruppare le forze residue attorno ad un nemico comune, quel demone che si cela dietro sconfitte. I nemici, però, come ricordavo nella precedente tripartizione non bisogna cercarli solo fuori di noi; ogni battaglia è vinta nel momento in cui sconfiggiamo i nostri nemici interiori.
Individuato il vizio dominante occorre sfidarlo a viso aperto (niente scuse) e affrontare la battaglia come se fosse l’ultima: senza esitazioni e dando fino all’ultimo grammo di energia che si ha in corpo.
Dio aiuta sempre in questa battaglia. La sua grazia sopperisce ai limiti della natura se abbiamo il coraggio e la voglia di tentare.
2. Sposare la causa
Il Bushido (“la via del guerriero”) era ciò che governava la vita di un samurai: i suoi precetti chiave riguardavano l’accettazione della morte e l’obbedienza cieca al proprio signore (il Daimyo). “Ho scoperto che la via del Samurai è la morte: è necessario prepararsi alla morte giorno dopo giorno.” (Y. Tsunetomo).
I samurai che venivano sfiduciati dal proprio signore o che ne rimanevano privi a causa della morte, erano considerati decaduti e prendevano il nome di Ronin (letteralmente “uomini alla deriva”). Un guerriero che si rispetti dedica la propria vita ad una causa che travalica il suo mero interesse personale.
San Daniele Comboni fece propria la causa dell’evangelizzazione dell’Africa: “Nigrizia o morte!”
Cosa facciamo noi cristiani per il Signore?
Pur avvicinandomi ai cinquant’anni sento un’incredibile forza interiore.
Il rammarico è la constatazione che dei giovani hanno smesso di lottare per una causa superiore, per degli ideali: appartengono ad una generazione stanca, disillusa, che non è neanche più in grado di arrabbiarsi.
Non fraintendetemi, non sono un sostenitore di rivoluzioni o manifestazioni di piazza, manifesti che lasciano il tempo che trovano… Quelli li possiamo scrivere tutti e finiscono lì.
Io credo piuttosto nella rivoluzione degli individui, nella rivoluzione del Vangelo, come S. Francesco.
Per essere un guerriero moderno, un incursore di Marina, mi hanno insegnato che si deve sposare una causa che vada oltre l’orticello personale. Occorre trovare uno scopo che ti guidi, individuare obiettivi che ti emozionino davvero. Più facile a dirsi, che a farsi. Solo pochi fortunati vengono folgorati e hanno immediatamente chiara quale sia la loro “chiamata”.
La stragrande maggioranza di noi riesce a percepire solo dei flash di quel puzzle complesso chiamato vita, chiamato vocazione.
Non bisogna demoralizzarsi per questo ma continuare ad indagare fino a quando si percepirà uno di quei brevi flash, senza lasciare che scompaia dal radar quotidiano.
Occorre lasciarsi trasportare dall’istinto buono, lo stesso istinto che guida la mano del guerriero mentre brandisce la spada in battaglia. Se si incomincia a pensare troppo e a tergiversare, non si farà nulla nella vita.
Papa Francesco dice che preferisce una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. (Evangelii gaudium 49).
3. Dedicarsi alla pratica
“Più suderai in addestramento, meno sanguinerai in battaglia” (George Patton).
Il nemico è ciò che il guerriero deve affrontare, la causa è ciò che egli vuole seguire, ma è solo l’addestramento a forgiarlo fino in fondo. Che si tratti dello studio prima di un esame, dell’allenamento prima di una gara o del lavoro prima della consegna di un progetto, la pratica costante e consistente è ciò che distingue i grandi “guerrieri” dalle mezze calzette.
Occorre darsi obiettivi ambiziosi, dedicando ogni minuto utile all’addestramento. Le grandi battaglie si vincono tra le mura di una biblioteca, di una palestra, di un ufficio e di una chiesa, davanti al tabernacolo!!!
Le grandi battaglie si vincono giorno dopo giorno, durante quei giorni all’apparenza insignificanti. Le grandi battaglie si vincono nel momento in cui prendi un impegno con te stesso e hai la costanza di rispettarlo ad ogni bivio tra le scelte giuste e le scelte facili.
Dedicandosi quotidianamente al perfezionamento della pratica, i risultati saranno inevitabili conseguenze.
Buona Quaresima!

Fra AMAB

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