Peccatore sì, corrotto no!

Sin dai tempi del suo ministero episcopale a Buenos Aires, l’allora Mons. Jorge Bergoglio eletto nel 2013 al soglio pontificio con il nome di Papa Francesco, insisteva sul distinguo tra peccatore e corrotto fino ad arrivare a dire: “Peccatore sì, corrotto no!”
Il Vangelo ci mostra diversi esempi di peccatore pentito e perdonato dal Signore: Il pubblicano nel tempio («O Dio, abbi pietà di me peccatore!», Lc 18,13); Simon Pietro, , prima con le parole («Allontanati da me, Signore, che sono un peccatore», Lc 5,8) e poi con le lacrime al sentire il canto del gallo quella notte, momento che Bach plasmò nella sublime aria Erbarme dich, mein Gott («Abbi pietà di me, Signore»).
C’è ancora il mirabile esempio del figliol prodigo: «Ho peccato contro il Cielo e contro di te» (Lc 15,21).
Il perdono di Dio ci sorprende e ci commuove.
Al caldo abbraccio del padre che lo aspettava quel giovane ammutolì, fu confuso da quella misericordia.
Anche l’adultera perdonata rimase silenziosa e forse pensierosa mettendo in pratica l’invito di Gesù (cfr. Gv 8,11).
Gesù le disse anche: “Dove sono i tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannata?” (Gv 8,10)
Se in quella donna si può identificare il peccatore perdonato e pentito, negli accusatori con le pietre in mano, pietre omicide “in nome della legge”, s’identificano i corrotti.
Quanto è difficile che il vigore profetico sciolga un cuore corrotto! È talmente arroccato nella soddisfazione della sua autosufficienza da non lasciarsi mettere in discussione. «Accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio» (Lc 12,21). Si sente a suo agio e felice come quell’uomo che pianificava la costruzione di nuovi granai (Lc 12,16-21), e se le cose si mettono male conosce tutte le scuse per cavarsela, come ha fatto l’amministratore corrotto (Lc 16,1-8) che ha anticipato la filosofia degli abitanti di Buenos Aires, di New York, di Barcellona Pozzo di Gotto… del «fesso chi non ruba». Il corrotto ha costruito un’autostima che si fonda esattamente su questo tipo di atteggiamenti fraudolenti: passa la vita in mezzo alle scorciatoie dell’opportunismo, a prezzo della sua stessa dignità e di quella degli altri. Il corrotto ha la faccia da “non sono stato io” , «faccia da santarellino» come direbbe Papa Francesco citando nonna Rosa. Si meriterebbe un dottorato honoris causa in cosmetica sociale. E il peggio è che finisce per crederci. E quanto è difficile che lì dentro possa entrare la profezia! Per questo, anche se diciamo «peccatore, sì», gridiamo con forza «ma corrotto, no!». Una delle caratteristiche del corrotto di fronte alla profezia è un certo tipo di complesso di «inquestionabilità». Si offende dinanzi a qualunque critica, discredita la persona o l’istituzione che la emette, fa in modo che qualsiasi autorità morale in grado di criticarlo sia eliminata, ricorre a sofismi ed equilibrismi nominalistico-ideologici per giustificarsi, sminuisce gli altri e attacca con l’insulto quelli che la pensano diversamente (cfr. Gv 9,34). Il corrotto è solito perseguitarsi inconsciamente, ed è tale l’irritazione che gli genera questa autopersecuzione che la proietta sul prossimo e, da autoperseguitato, si trasforma in persecutore. San Luca mostra la furia di questi uomini (cfr. Lc 6,11) di fronte alla verità profetica di Gesù: «Ma essi furono pieni di rabbia e discutevano fra di loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù». Perseguitano imponendo un regime di terrore su tutti coloro che li contraddicono (cfr. Gv 9,22) e si vendicano espellendoli dalla vita sociale (cfr. Gv 9,34-35). Temono la luce perché la loro anima ha acquisito le caratteristiche del lombrico: nelle tenebre e sotto terra. Il corrotto compare nel Vangelo giocando con la verità: ingannando Gesù (cfr. Gv 8,1-11; Mt 22,15-22; Lc 20,1-8), cospirando per toglierlo di mezzo (cfr. Gv 11,45-57; Mt 12,14), corrompendo chi potrebbe tradire (cfr. Mt 26,14-16) o i funzionari di turno (cfr. Mt 28,11-15). San Giovanni li include in una sola frase: «La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta» (Gv 1,5). Uomini che non accolgono la luce. Possiamo rileggere i Vangeli cercando i tratti tipici di questi personaggi e le loro reazioni alla luce che il Signore porta.
Il Vangelo di Giovanni nella Domenica del Laetare ci presenta Nicodemo che timidamente, di notte, “va in cerca della luce” nell’incontro personale con Cristo.
Di chi o di cosa ha timore Nicodemo se non del giudizio degli scribi e dei farisei, ipocriti e corrotti?
Continuiamo a vigilare durante questa Quaresima perché una condizione di quotidiana complicità con il peccato ci può condurre alla corruzione.
La corruzione significherebbe il crollo personale e sociale da evitare per chi vuole piuttosto edificare il Corpo Mistico di Cristo che è la Chiesa, inserita nella storia e nel tempo, lievito per la nostra società.

Fra AMAB

Cristo e Nicodemo in un dipinto di Crijn Volmarijn

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