A tutti i “padri” della parrocchia

Cari papà, si parla spesso e volentieri delle mamme e dei loro meriti.
Rendiamo grazie a Dio per il dono della vita e della maternità, ma in occasione della solennità di S. Giuseppe formulo a voi, a me stesso e ai miei confratelli nel sacerdozio, l’augurio di rispondere adeguatamente alla missione affidataci: la paternità.
Oggi è la nostra festa!
La paternità è una meravigliosa partecipazione all’azione di Dio nostro Padre che si esprime nella cura e nella guida di ogni vita.
La paternità non si esaurisce nell’elemento naturale, non di rado strappato alla sacralità del talamo nuziale per essere consegnato a un laboratorio, ma si estende alla dinamica pedagogica, psicologica e strutturale del maschio con i suoi valori specifici.
La paternità esprime anche un’altra componente fondamentale della natura umana: la relazione.
Se i figli sono il dono privilegiato di una coppia, chi accoglie una compagna di vita in un progetto di amore deve costantemente contemplare nel sacramento del matrimonio la via privilegiata della propria santificazione.
S. Giuseppe, l’uomo «giusto» di Nazareth possiede soprattutto le chiare caratteristiche dello sposo. Sacrifica per la famiglia energie e salute con il sudore del suo onesto lavoro.
S. Paolo non a caso afferma: “E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei” (Ef 5,25).
Accanto a sposi che si amano sinceramente rinnovando nel tempo la loro coesione, ci sono purtroppo tanti padri e tante madri che soffrono per la crisi della loro unione, quasi sempre accompagnata dal doloroso trauma per i figli.
Questi giovani mi ricordano Telemaco che, scrutando l’orizzonte, aspettava il ritorno di Ulisse consapevole che la pretesa indebita dei Proci sulla madre Penelope sarebbe finita solo con il ritorno ad Itaca del legittimo Re.
Sono commosso quando dei bambini mi consegnano il pensierino confezionato a scuola per la festa di un papà che li ha abbandonati. Mi chiedono di custodirlo in attesa del ritorno del loro genitore oppure mi dicono di regalarlo a S. Rocco, nostro Santo Patrono, se percepiscono vana ogni speranza di recupero del papà.
Dice Papa Francesco: «Le tensioni indotte da una esasperata cultura individualistica del possesso e del godimento generano all’interno delle famiglie dinamiche di insofferenza e di aggressività» (Amoris laetitia 33).
La libertà permette di proiettare la propria vita e coltivare il meglio di sé, ma, se non ha obiettivi nobili e disciplina personale, degenera in una incapacità di donarsi generosamente.
S. Giuseppe fu un padre particolare per Gesù, ricco di umanità e di paternità, ebbe il privilegio di saper educare l’uomo-Dio ed esserne il suo custode. S. Giuseppe mediante l’esercizio della sua paternità è stato chiamato da Dio a servire la persona e la missione di Cristo Gesù.
S. Giuseppe ricorda ai padri una semplice e fondamentale verità: per essere padri c’è bisogno di dono.
Un uomo è padre quando non solo dona il seme della vita ma quando si prende anche le responsabilità necessarie affinché la vita venga concepita. Quando la nuova vita è iniziata il padre si conferma tale nella cura della vita che da’ credibilità e contenuto alla sua figura.
Il dono paterno nell’accogliere i figli è prima di tutto dono di sé.
A oltre cinquant’anni del libro di Mitscherlich, sulla società senza padri, oggi assistiamo ad una società dei papà o dei “mammi”.
Quest’assenza è inaccettabile.
Essere padri vuol dire servire la vita e la crescita, comunicare ai figli il senso e il valore della vita, l’importanza fondamentale dell’educazione umana, sociale, culturale e spirituale.
Se c’è un’emergenza oggi non la possiamo non identificare nell’ambito educativo dove la figura del padre in molti casi sembra essere quasi invisibile.
La liturgia del 19 marzo con la solennità di S. Giuseppe vuole riportare al centro della riflessione la paternità in una società che s’interroga su tre elementi: l’azione educativa, sociale e politica per riavvicinare il padre alla vita dei figli; la necessità di individuare un percorso pedagogico appropriato per un sano sviluppo umano (onde evitare il dramma dei figli eterni adolescenti); infine è necessario tornare a seminare per insegnare la sacralità dei legami familiari: paternità, maternità e coniugalità.
Solo così sarà possibile creare radici salde per la famiglia, fondanti un sentimento paterno attento al valore della vita.
Oggi vogliamo pregare per i papà e per le famiglie del mondo intero e della nostra parrocchia in particolare.
Affidiamo all’intercessione di S. Giuseppe l’arduo compito e ci attiviamo per quanto ci compete ed è nelle nostre possibilità affinché il “Padre Nostro che è nei Cieli” non sia solo recitato a fior di labbra ma sia cantato nella vita di tanti uomini che testimoniano una vocazione e una missione che li rende segno preclaro della presenza e provvidenza di Dio in mezzo agli uomini.

Vostro “padre”

Alfonso M. A. Bruno