E’ nato un uomo, è morto un bambino

It’s a boy!” E’ un maschietto! E’ quanto ha cinguettato sui social la famiglia reale britannica in occasione della nascita di Louis Arthur Charles lo scorso 23 aprile 2018, figlio del principe William e di Catherine Middleton. Peccato che un piccolo suddito di Sua Maestà abbia messo in imbarazzo la Corte Reale di Buckingam Palace di fronte un lieto evento, fino ad eclissarne la priorità mediatica.

Alfie Evans, di cui tanto si è parlato – e polemizzato – in questi giorni, ha smesso di cinguettare. Tale sembrava il sibilo del suo flebile respiro dopo che i medici di Sua Maestà avevano deciso di sospendere la ventilazione costringendo quel piccolo a migrare ai primi tepori primaverili verso un nuovo cielo.

Alfie Evans è un bambino di quasi due anni nato nel maggio del 2016. Dal mese di dicembre 2016 Alfie Evans è stato ricoverato all’Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool (un ospedale specializzato nella cura di malattie pediatriche rare) perché affetto da una – e ad oggi sconosciuta – malattia neuro-degenerativa associata ad una grave forma di epilessia.

Dopo un anno e mezzo di cure senza miglioramenti i medici dell’equipe che segue Alfie hanno prospettato ai genitori la possibilità di sospendere le cure e i trattamenti che lo tenevano in vita. Il caso è simile a quello di Charlie Gard, il bambino inglese per cui si erano mobilitati politici e difensori della vita ad ogni costo e che oggi sembra essere stato dimenticato.

Kate James e Tom Evans, i giovanissimi genitori di Alfie, si sono opposti strenuamente a questa risoluzione.

Quando non c’è accordo tra il personale medico e i genitori su come procedere con le terapie interviene il giudice per stabilire qual è la cosa da fare nel miglior interesse del bambino”.

In Gran Bretagna, infatti, spetta al giudice la facoltà di decidere per un malato se staccare o meno il respiratore.

Nel caso di Alfie sicuramente hanno influito sull’infausta scelta anche fattori puramente economici: un paziente in quelle condizioni è un costo alle casse dello Stato.

La legge italiana difende in casi come quello di Alfie il malato e le sue volontà, anche espresse per voce di un genitore. E se il medico non le rispetta, è perseguibile penalmente.

E’ per questo che nei giorni scorsi il papà di Alfie si era recato da Papa Francesco ottenendo, grazie all’interessamento del Pontefice che il bambino ricevesse la cittadinanza italiana e potesse essere evacuato sanitariamente al Bambin Gesù di Roma, struttura ospedaliera di proprietà del Vaticano.

L’Inghilterra ha messo un veto al trasferimento sanitario a causa dell’orgoglio ipertrofico della nazione. Lo Stato, attraverso i suoi magistrati, e nonostante la legge britannica non preveda l’eutanasia per i minori, si è sostituto alla volontà dei genitori, ha come segretato il bambino, ha impedito il suo trasferimento e infine ha messo in atto la sospensione della ventilazione. E’ chiaro che un simile potere non può appartenere a nessun Stato e se così fosse tutti sarebbero in pericolo.

Rimane il fatto però che un viaggio del genere – da Liverpool a Roma – avrebbe potuto peggiorare le condizioni generali di salute del bambino accelerando la morte.

Essa è sopravvenuta il giorno in cui si fa memoria di Santa Gianna Beretta Molla, il medico che preferì portare a termine la sua gravidanza consapevole che le sarebbe stata fatale. Vita per vita di fronte al valore inalienabile della vita umana sin dal suo concepimento.

Peccato che la politica nostrana, nella difficoltà a formare un nuovo Governo dopo le ultime elezioni, stia speculando anche su questa vicenda.

La malattia di Alfie e la sua incurabilità che lo ha portato alla morte rimane un fatto oggettivo e incontrovertibile.

Nessuna vita però è futile come sentenzierebbe la Corte britannica.

Nessun figlio può essere sottratto alla responsabilità amorevole di una madre e di un padre. Nessun essere umano può essere privato di alimentazione ed idratazione per quanto assistita. Quest’aiuto non rientra nell’accanimento terapeutico.

Eppure in Italia Eluana Englaro venne fatta morire proprio di fame e di sete.

La migliore risposta ai medici che hanno spento il respiratore l’ha fornita in ogni caso proprio il piccolo Alfie.

“Sopravvivrà qualche decina di minuti!” hanno dichiarato i medici inglesi.

Alfie è sopravvissuto con forze proprie per più giorni.

La medicina non è una scienza esatta ma rientra nel mistero della vita con tutte le sorprese che essa presenta.

E’ un miracolo lo sviluppo dell’essere umano all’interno di un grembo materno, è un miracolo come molti prigionieri siano sopravvissuti ai campi di concentramento sfidando le regole della natura.

Come bene scrisse Viktor Frankl in “Un psicologo nel lager” è solo l’amore che da la forza di vivere e sopravvivere.

E’ l’amore cha ha motivato due giovani genitori come Tom e Kate a lottare strenuamente perché venissero riconosciuti al figlio i diritti fondamentali al trattamento terapeutico da parte dello Stato.

Cosa sarebbe successo se Alfie si fosse chiamato Louis Arthur Charles e non fosse stato figlio di due ventenni cattolici inglesi ma di una coppia dal sangue blu?

Per Alfie siamo comunque di fronte ad una patologia incurabile anche se le cure palliative e la terapia del dolore rimangono un diritto ed un dovere di rispetto e umanità verso qualunque paziente, grande o piccino che sia.

In questi giorni gli Evans avevano addirittura negoziando la facoltà di portare a casa Alfie e lasciarlo morire in pace tra le mura di casa. Il prezzo? Il silenzio mediatico.

E’ l’ulteriore scandalo di tutta questa vicenda al quale se ne aggiunge un altro ben più radicato.

In diverse parti del mondo esistono patologie anche infantili, non rare e sconosciute, ma curabili con relativa facilità e con una spesa per noi “occidentali” sostenibile, ma non per gli abitanti dei Paesi in Via di Sviluppo.

Ho visto bambini morire e madri disperarsi perché i bambini si erano trascinati da giorni la malaria, una malattia che si cura con meno di un antibiotico ma che trascurata diventa letale.

Si investono milioni di euro per le malattie rare e quasi nulla per pandemie che hanno la disgrazia aggiunta di essere presenti solo nei paesi poveri.

Lì non c’è nessun chiasso mediatico, nessuna strumentalizzazione politica, nessun invito del Papa a Liverpool…  Si vive per poco e si muore per niente.

Per ogni vita giovane che scompare, un futuro della nostra umanità viene seppellito con essa.

Fra AMAB

 

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