APPARTENERE AL PROSSIMO

Quando entrai in convento capii subito che da quel momento in poi non sarei più appartenuto a me stesso ma a Dio.
Con la prima professione dei voti e con l’ordinazione sacerdotale più tardi capii che sarei appartenuto al prossimo…

In realtà si tratta delle due facce di una stessa medaglia poiché l’amore a Dio si esprime attraverso l’amore al prossimo.
Ma chi è il prossimo al quale apparteniamo?
Sono sicuro che tra i tuoi ricordi del catechismo vi è pure impresso il racconto del buon samaritano, riportato nel capitolo decimo del Vangelo di Luca. Si tratta di una parabola particolarmente carica di significato che Gesù pone quale spiegazione del suo comandamento più grande, quello dell’amore.
Al dottore della Legge che chiese a Gesù: “Chi è il mio prossimo?” (Lc 10,29), il Maestro rispose alla fine della celebre parabola domandando quale di tre personaggi tra il sacerdote, il levita o il samaritano fosse stato “prossimo” del povero uomo incappato nelle mani dei briganti, lungo la strada che porta da Gerusalemme a Gerico. Il dottore della Legge prontamente rispose: “Colui che ha avuto compassione di lui” (Lc 10,37). Il samaritano, appunto, che si fermò, prese su con sé il ferito, lo portò in una locanda e provvide ai costi per la sua cura. La prossimità scatta dunque con quell’atteggiamento del cuore così importante che è la compassione. Proprio dove scatta un tale sguardo di compassione – provare passione, interesse per l’altro – dove si dischiude un tale sguardo di empatia, si diventa cristiano maturo, cioè, “uno che sa di appartenere al prossimo”.
In virtù di questo si promuove la giustizia del bene senza mai scendere a baratto con il malvagio o tirare dritto rispetto al grido di aiuto e di dolore di chi si incrocia sul cammino.
Che cosa sarebbe il nostro mondo senza questa giustizia del bene che si fa amabile spazio nel cuore di tanti uomini e di tante donne?
Un mio amico è solito ripetere ai giovani che ogni giorno ci è data almeno una possibilità di non essere codardi, di non voltarci dall’altra parte, di non proseguire lungo la strada dei nostri progetti e impegni, lasciando che l’altro con il suo grido di pietà o di giustizia si trasformi in puro paesaggio. Ogni giorno, insomma, ci viene ricordato che la parola fondamentale che Dio rivolge agli uomini e alle donne di buona volontà è la loro appartenenza al prossimo. Vivere questo appello è la religione gradita a Dio.
Tante volte mi sono risuonate nel cuore e nella mente le parole dell’apostolo Paolo: «Nessuno vive per se stesso, nessuno muore per se stesso» (Rm 14,7). Effettivamente il religioso non si appartiene più; sia nell’attività pratica che nella preghiera, si è totalmente al servizio del prossimo, rendendo così il vero culto a Dio: «Vi esorto a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale» (Rm 12,1). Per l’efficacia del sacrificio si richiede un impegno costante e la capacità di cooperazione con tutti gli uomini e le donne di buona volontà nel promuovere il bene comune, la giustizia e la pace, ossia promuovendo quella che si definisce la «civiltà dell’amore», la sola che può dare speranza a tanta parte dell’umanità afflitta dalla povertà materiale, morale e spirituale, oltre che dalla violenza e da tutte le forme di sopraffazione che turbano l’umana convivenza. Pur consapevolezza di portare un tesoro in vasi di creta si cerca ogni giorno di conformarsi sempre più a Gesù Cristo, il Figlio di Dio, fattosi Uomo per elevare tutti gli uomini alla comunione di vita con Dio.
Una delle cose che più mi piace della vita consacrata che ho professato è l’assoluta gratuità: è un dono che si riceve da Dio, si vive per Dio solo, e a Dio ritorna passando attraverso la preghiera di lode e di supplica e il servizio di carità, che è la più convincente prova del suo intrinseco valore.
Grazie Signore perché mi ami e amandomi mi rendi capace di amare e come te nel valore aggiunto del mio sacerdozio mi rendi pane spezzato per gli altri.
Insegnami ad amare tutti, specialmente i crocifissi, solo in te, con te, per te. Maria, madre mia dolcissima, con la tua materna intercessione, aiutami ad essere sempre fedele a questa mia promessa di amore e fammi morire di amore tra le tue braccia materne. Amen.

Fra AMAB

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