Dal dialogo islamo-cristiano verso la costruzione di un mondo di fratellanza e di pace

L’inedita visita di Papa Francesco ad Abu Dhabi pone una pietra miliare nei rapporti tra cristiani e musulmani e conferma il nuovo paradigma delle religioni nel mondo ricollocandole nella sfera sociale ma evitando anche i rischi della ripoliticizzazione.

Il viaggio apostolico di Papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti è una novità.
E’ la prima volta di un pontefice in un paese islamico del Golfo Persico.

Il dialogo interreligioso concreto e la volontà delle religioni di contribuire insieme allo sviluppo dei popoli, conferma il momento storico presente che registra un risveglio religioso e un ritorno del sacro.

Si tratta di far fiorire il deserto parafrasando la felice espressione di Papa Francesco nel suo discorso al Founder’s Memorial di Abu Dhabi il 4 Febbraio 2019.

La secolarizzazione della post- modernità sta assumendo da almeno un decennio un processo qualitativo di trasformazione in cui la religione dopo essere stata emarginata nella sfera d’influenza delle grandi scelte culturali, morali e politiche, motiva adesso il documento congiunto sulla “Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la convivenza comune”.
Nel Documento viene infatti riconosciuta, tra le più importanti cause della crisi del mondo moderno, “una coscienza umana anestetizzata e l’allontanamento dai valori religiosi, nonché il predominio dell’individualismo e delle filosofie materialistiche che divinizzano l’uomo e mettono i valori mondani e materiali al posto dei principi supremi e trascendenti”.
Il Documento è un progetto quindi ambizioso ed audace, ma urgente e necessario.

Sempre Papa Francesco – nel citato discorso – afferma che “le religioni, in particolare, non possono rinunciare al compito urgente di costruire ponti fra i popoli e le culture. È giunto il tempo in cui le religioni si spendano più attivamente, con coraggio e audacia, senza infingimenti, per aiutare la famiglia umana a maturare la capacità di riconciliazione, la visione di speranza e gli itinerari concreti di pace.

Il classico connubio cattolico tra fede e ragione diventa esemplare anche all’interno dei rapporti dell’Islam con il mondo.
Il documento islamo-cristiano porta infatti la firma di Papa Francesco e di Ahmad Al-Tayyeb, il Grande Imam di Al-Azhar.
Quest’ultimo, il 28 aprile 2017 aveva già pubblicato il documento sul “rinnovamento del discorso religioso” per contrastare il terrorismo islamico.
All’epoca si svolgeva il Viaggio Apostolico di Papa Francesco in Egitto, in una regione del mondo dove il Daesh rappresentava una minaccia alla pacifica e civile convivenza.
L’Islam non ha un punto di riferimento istituzionale e dottrinale come la figura del Papa per i cattolici, ma l’Università di Al Azhar è il massimo centro teologico dell’ Islam sunnita, dove si formano centinaia di imam di tutto il mondo.
Da Al Azhar si elevava nel 2017 una voce di condanna alla violenza dell’ISIS che avrebbe capitolato poco dopo la sua resa abbandonando il controllo del territorio siro-irakeno.
Lo stesso Ahmad Al-Tayyeb invocava il ritorno alle prime origini della religione musulmana, al primo Stato islamico, quello di Medina.
In esso l’applicazione della cittadinanza del Profeta Maometto era totalmente esente da ogni discriminazione contro qualsiasi categoria della società in quel momento; essa contemplava politiche basate sul pluralismo religioso, razziale e sociale.  
Nel Documento di Abu Dhabi del 4 febbraio 2019 con la Santa Sede, Al-Azhar se ne assume la paternità in nome dell’Islam sunnita invitando tutte le persone che portano nel cuore la fede in Dio e la fede nella fratellanza umana a unirsi e a lavorare insieme.
Presente è il richiamo di responsabilità alle giovani generazioni il cui “diritto al futuro” rientrava in una delle recenti rivendicazioni del Papa alla GMG di Panama.
Il Documento è anche un appello ai leader del mondo, agli artefici della politica internazionale e dell’economia mondiale, di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace; di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo spargimento di sangue innocente, e di porre fine alle guerre, ai conflitti, al degrado ambientale e al declino culturale e morale che il mondo attualmente vive.
Vengono interpellati anche gli intellettuali, i filosofi, gli uomini di religione, gli artisti, gli operatori dei media e gli uomini di cultura in ogni parte del mondo, affinché riscoprano i valori della pace, della giustizia, del bene, della bellezza, della fratellanza umana e della convivenza comune, per confermare l’importanza di tali valori come àncora di salvezza per tutti e cercare di diffonderli ovunque.
Vengono condannate tutte le pratiche che minacciano la vita come i genocidi, gli atti terroristici, gli spostamenti forzati, il traffico di organi umani, l’aborto e l’eutanasia e le politiche che sostengono tutto questo.
Il Documento dichiara che “le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione che hanno abusato – in alcune fasi della storia – dell’influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini per portali a compiere ciò che non ha nulla a che vedere con la verità della religione. Si parla per la prima volta della protezione dei luoghi di culto – templi, chiese e moschee poiché ogni tentativo di attacco attraverso attentati o esplosioni o demolizioni è una deviazione dagli insegnamenti delle religioni, nonché una chiara violazione del diritto internazionale.

Dalla seconda fase dell’età globale sorta con l’11 Settembre 2001 il dato più nuovo è che la ricerca di identità spesso si presenta come un’identificazione sommaria fra religione e politica; questa immediata valenza politica della religione (soprattutto, ma non solo, islamica) può dar vita a fondamentalismi e a integralismi.

La tentazione alla ripoliticizzazione della religione che nell’islam è la reazione a un modello occidentale di governo e di democrazia, mentre in Occidente è la discussione sui valori non negoziabili, trova il suo superamento nel nuovo paradigma innescato ad Abu Dhabi dalle due principali religioni del mondo: la fede e la ragione nella ricerca del bene comune.

Sull’esempio di San Francesco di Assisi che ottocento anni fa esatti incontrò a Damietta il sultano Sultano di Egitto Malik al Kamil il Vangelo si incontra nuovamente con il Corano e il Corano con il Vangelo.

Così come Francesco non ebbe paura di Maometto e il Sultano non ebbe paura di Cristo, Papa Francesco ha incontrato la massima autorità religiosa e intellettuale dei Sunniti.

Francesco non ragionava con i criteri ideologici della cristianità del suo tempo e  in quel viaggio per conoscere da vicino i musulmani si calò dentro la sensibilità religiosa del suo interlocutore.

Il Papa ha affermato nel suo discorso che “il coraggio dell’alterità è l’anima del dialogo, che si basa sulla sincerità delle intenzioni”.
Ha poi continuato: “alla celebre massima antica “conosci te stesso” dobbiamo affiancare “conosci il fratello”: la sua storia, la sua cultura e la sua fede, perché non c’è conoscenza vera di sé senza l’altro. Da uomini, e ancor più da fratelli, ricordiamoci a vicenda che niente di ciò che è umano ci può rimanere estraneo. È importante per l’avvenire formare identità aperte, capaci di vincere la tentazione di ripiegarsi su di sé e irrigidirsi”.

Per il dialogo tra Islam e Occidente cristiano si riparte nuovamente da un uomo chiamato Francesco.

Memoria del passato, coscienza del presente, speranza e profetismo per il futuro… per un mondo migliore dove regni la riconciliazione, l giustizia e la pace.

Fra AMAB

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