Oggi la giornata mondiale del riso.

Si celebra ogni prima Domenica di Maggio la Giornata Mondiale del Riso. Una nuova scienza, la gelotologia ne esamina i benefici sulla salute fisica e mentale dell’uomo.

Nella tradizione francescana la sana letizia è una costante della vita personale e comunitaria.

Non si tratta della spensieratezza del gaudente ma della consapevolezza di essere figli di Dio e vivere in semplicità senza prendersi troppo sul serio: Dio prima dell’io.

La scienza medica riconosce alla risata varie virtù benefiche per lo stimolo ai muscoli facciali e addominali, lo scarico dell’aria residua dai polmoni, la produzione di endorfine ed encefaline che riducono il dolore e lo stress. Il riso migliora le funzioni epatiche ed intestinali, stimola il battito cardiaco e libera dai grassi!

E’ proprio vero l’adagio per il quale “il riso fa buon sangue”.

Esiste persino una scienza sulla risata che si chiama gelotologia (dal greco ghelos = riso e logos = scienza).

Quando qualche persona è giù di corda non esito a curarla con una buona dose di “risoterapia!”

Il sorriso rappresenta anche uno dei più potenti mezzi a disposizione dell’uomo per esprimere, o per mascherare emozioni. Si sorride quando si è felici, ma non solo, il sorriso rappresenta una forma di regolazione del comportamento espressivo che riguarda aspetti interattivi, sociali, l’esternazione e la comunicazione delle emozioni.

Annette Goodheart, autrice del libro “Ridere” è diventata famosa insegnando a mitigare il dolore con una risata ai malati di cancro e ai reduci di gravi operazioni. Sul lettino dell’analista ilarità e umorismo possono invece venir utilizzate come terapia choc per spingere in modo provocatorio il paziente a reagire, uscendo da uno stato di depressione.

Esiste certamente anche un aspetto patologico del riso che può trasformarsi in sintomo, sia quando è totalmente assente, sia quando è in eccesso o immotivato.

Il professore Enzo Funari, direttore dell’Istituto di psicologia dell’Università Statale di Milano e psicoanalista dice « che se oggi ci sia poco da ridere, è certamente vero. Ma c’è da chiedersi se questa affermazione non valga per qualsiasi epoca storica: anche se ci sono periodi, come il nostro, in cui il carico di incertezza e di ansietà si fa più pesante. Tuttavia è proprio di fronte alle situazioni più difficili, più ansiogene, che l’umorismo rappresenta un’ancora di salvezza: con un guizzo dello spirito, un gioco di prestigio della mente si riesce a neutralizzare le emozioni più negative come l’angoscia, la paura, la frustrazione, prendendo le distanze da ciò che ci accade, al punto da riuscire a scherzarci sopra. E a trarre così anche dalla situazione più spiacevole una particolare forma di piacere: quello umoristico, appunto».

Nasce da qui l’idea preziosa della comico-terapia e dei clown nelle corsie degli ospedali, che abbreviano le degenze e riducono l’utilizzo dei farmaci. Saper ridere è il primo farmaco di cui, nella vita, dovremmo sempre disporre. Allegria, buonumore, divertimento, risate pazze, senza un perché…giocando con la fantasia per scoprire mondi e persone nuove.

Nel cristianesimo antico il tema del riso è stato studiato pochissimo; l’idea – errata – sostenuta da qualche Padre della Chiesa, secondo cui “Gesù non ha mai riso” ha demonizzato in genere il riso e lo ha definito come “conseguenza del peccato originale”. Di qui, dalla fantasia di Umberto Eco nacque il romanzo “Il nome della rosa” ambientato nel XVI secolo. Il monaco bibliotecario Jorge distrugge infatti il secondo libro della Poetica di Aristotele, dedicato al comico, per impedire che il mondo conosca quelle “pericolose” teorie.

Parallelamente, però, anche il cristianesimo riconosce al riso una funzione positiva.

Lo stesso Frate Indovino, identificato con la figura del simpatico fraticello, sempre sorridente, affermava: “se tutti sapessero ridere e far ridere, il mondo sarebbe meno triste”.

Tutto nel mondo riflette l’ilarità di un Dio la cui sapienza nella Bibbia è così personificata: “Si diverte nell’orbe terrestre e (Prov. 8-30) trova la sua delizia lo stare coi figli degli uomini” e ancora “Dio è il più grande umorista”. Negli ultimi cinquant’anni i teologi hanno rilevato come la Bibbia sia ricca di immagini umoristiche e testi che glorificano questo aspetto della divinità e che, pur non mortificando il concetto stesso di Dio, lo sublimano nella Sua creatività, lo arricchiscano di un altro attributo del quale l’uomo è stato ed è onorato. Gesù, l’uomo Dio che porta nella sua natura umana tutte le caratteristiche ad essa comuni, deve aver avuto i suoi momenti di sorriso e di allegria, come ha avuto quelli di indignazione e di pianto. Molte delle parabole riflettono il sano e naturale umorismo con cui Gesù deve averle accompagnate. Talvolta l’umorismo potrebbe essere stato ironico, quando specialmente le sue parole erano dirette a confutare i suoi avversari. San Paolo chiede ai cristiani Filippesi (4-4) “Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi!”

Per secoli inoltre si è conservato “il riso” durante le funzioni pasquali: nella messa di Pasqua, i predicatori solevano invitare i fedeli a ridere sonoramente. Questo rito (il cosiddetto Risus pascalis) era espressione della gioia per la forza di Dio che vince anche la morte. La Risurrezione è proprio l’espressione del “riso” di Dio sulla morte.

Nel corso dei secoli, hanno seguito la strada dell’umorismo attraverso la quale hanno affrontato il loro martirio: San Lorenzo che sotto la grigli di fuoco degli aguzzini disse loro: “Da questo lato sono già cotto, giratemi adesso dall’altro”.

San Francesco d’Assisi è il “Giullare di Dio” per antonomasia e non esitò al suo innato senso umoristico l’associazione con la gioia evangelica; studiò sempre lezioni di umoristica, come recita il celebre fioretto della “Perfetta letizia”. San Francesco di Sales dichiara: “Un cristiano triste è un tristo cristiano”. San Filippo Neri (“Pippo buono”) considerato il patrono degli umoristi, soleva dire: “Tristezza e malinconia fuori da casa mia. Uno spirito allegro raggiunge più facilmente la perfezione cristiana, di quanto non faccia uno spirito melanconico.”

La pedagogia cristiana fa ricorso all’umorismo nell’educazione dei giovani con l’istituzione degli oratori. San Giovanni Bosco che ne fu uno dei pionieri, intendeva attraverso di essi rallegrare, educare e istruire, andando ben oltre gli “scherzi da prete” e “l’umorismo di parrocchia”. Padre Pio, burbero per natura, si divertiva un mondo a raccontare le sue barzellette e a sentire quelle dei suoi confratelli. Un giorno uscendo dal confessionale tra la folla si udì una voce di donna che gridò: “Padre Pio, la mia gamba”. Padre Pio si girò e ridendo rispose: “Si mò faccio pure u’ massaggiatore!”

Fra AMAB

 

 

 

 

 

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