Joker e la satira globale

Crescono nel mondo le manifestazioni violente di protesta popolare di manifestanti dai volti coperti e mascherati. Il cinema se ne fa interprete dietro un personaggio abusato e abusatore.

Un recente film diretto da Todd Phillips dal titolo “Joker” narra dell’omonimo personaggio che vestito da clown e affetto da risata convulsiva a causa di traumi subiti nell’infanzia, diventa l’icona della lotta per le rivendicazioni sociali.

Il consenso popolare è sempre più crescente ed emulativo fino all’approvazione e alla complicità delle sue efferate azioni criminali contro i prepotenti e i ricconi di turno.

Il cinema, in quanto settima arte ha spesso un ruolo di veggenza sui fenomeni e mali del nostro tempo.

L’ondata quasi simultanea di proteste di piazza che interessano attualmente nei vari continenti del mondo le capitali del Cile, del Libano, dell’Algeria o ancora Barcellona e Hong Kong… sono espressione dell’odio verso i ricchi e della frustrazione dei poveri nei quali i movimenti populisti si riconoscono.

Si ha come l’impressione di essere plebaglia sfruttata da qualcuno come in un circo dove entrano in scena i clown.

Alle volte basta una semplice scintilla per far divampare un incendio di guerriglia urbana grazie alla chiamata alle armi dei social network.

Proprio a Beirut tutto è iniziato qualche giorno fa per la pretesa del governo di tassare i messaggi di whatsapp.

In una società massificata diventa difficile riconoscere e accettare le differenze specie se i responsabili della cosa pubblica incarnano modelli di vita opulenta e spensierata.

L’azione repressiva dell’autorità non è più un deterrente intimidatorio ma un boomerang incitatore di rappresaglie violente di sempre più crescenti manifestanti.

Il fenomeno su scala globale mostra il nuovo paradigma di un’informazione non più subordinabile all’agenda dei governi.

Quanto sta accadendo è il laboratorio di una nuova forma di democrazia che passa attraverso una rivoluzione teatrale di cultura pop e di uomini mascherati da novelli supereroi.

E’ lo schema della hide and hate culture dove emerge il contrasto tra la spavalderia e l’anonimato proprio come i falsi profili delle reti informatiche dove l’ognuno, il nessuno o i centomila vorrebbero far risorgere l’umanità senza passare per lo scandalo della croce.

 

Fra AMAB

 

 

 

 

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