Diletti fedeli,
con affetto e rispetto desidero rivolgervi in occasione della “festa del sorriso” che è il Santo Natale i miei migliori auguri di pace e di bene.
Come l’incontro e le relazioni amicali tra persone trovano nella famiglia la prima comunità, in maniera speculare ed esemplare nella famiglia parrocchiale si impara a riconoscersi fratelli e a vivere esperienze ricche di umanità e di condivisione.
Tutti ci lamentiamo delle situazioni che generano stress e noia, ma pochi riescono a fare scelte controcorrente e a decidere di impostare la vita di casa con tempi e modalità diverse, dando spazio maggiore al dialogo e all’incontro, anche spirituale, unica via che porterebbe pace e serenità ad un cuore affannato e sovraccarico di preoccupazioni.
Anche quest’anno abbiamo voluto remare contro la corrente dell’individualismo e dell’indifferenza con l’iniziativa del Presepe Vivente.
E’un modo per evangelizzare, aggregare nella laboriosità e soprattutto illuminare di umanità e spiritualità una frazione barcellonese che – se così non fosse – in inverno conoscerebbe isolamento e desolazione abbandonata ai flutti del mare e ai soffi del vento impetuoso.
Non tutto è facile, scontato e indolore: diverse sono le personalità con la sensibilità e la generosità che scaturisce dal cuore di ciascuno.
Solo ciò che nasce dall’amore guarisce la solitudine e solo chi mette al centro della propria vita il valore delle persone, prima che le cose e i servizi, riesce a gustare la gioia dell’incontro. L’amore lenisce le ferite dell’anima, quando è continuo e mostra che la persona e le sue esigenze contano più di tutto: dei soldi, del doppio lavoro, della casa bella e ricca di cose, delle feste. Solo l’amore penetra dentro ed è il balsamo che guarisce. E l’amore esige tempo, tanto tempo per stare vicino, per parlarsi ed ascoltarsi, per condividere, per guardare negli occhi e sentire il cuore di una persona. Ma non è solo l’amore umano, pure forte e importante, che sta a fondamento di relazioni sincere e feconde di bene: occorre l’amore di Dio, che cementa la comunione di vita nelle case con la sua divina presenza.
Natale è “preoccuparsi di farsi dono prima che fare dei doni. Se diventiamo dono, i nostri regali saranno accettati in maniera diversa, come strumenti di relazione e di verità”.
Penso ai diversi ambienti di vita in cui possiamo farci dono:
- con i bambini, a cui nessuno deve rubare lo stupore del Natale, con i quali siamo chiamati a passare del tempo vero con loro, giocando e raccontando, evitando di riempirli di cose;
- con i giovani, sempre più connessi, ma desiderosi di incontri autentici senza finzioni o virtualismi;
- con il proprio coniuge, marito o moglie, con il quale condividiamo la vita, farsi dono l’uno con l’altro ogni giorno significa dirsi nel quotidiano: scusa, grazie, per favore…
- con gli anziani e i malati, nei confronti dei quali abbiamo debiti di riconoscenza e di gratitudine, donarsi significa sedersi accanto e ascoltarli senza fretta, lasciandoli raccontare…
- con i poveri che mancano di sostentamento e che bussano ai nostri servizi e cercano prima ancora dei beni materiali, uno sguardo amico e una mano tesa;
- con gli emigrati che vagano per le nostre città con la speranza di essere accolti e integrati nella comunità civile e religiosa.
Tutti noi ci imbattiamo in queste categorie di persone, questi sono i personaggi del nostro presepe vivente che ci troviamo nella nostra vita sociale e comunitaria.
Possa essere il nostro Natale sorriso agli altri nel sorriso del Bambino Gesù, festa dell’incontro tra la Divinità e l’umanità, festa della fraternità nella verità che si compiace della carità.
Il vostro fratello e padre parroco:
P. Alfonso Maria