PADRE KOLBE: IL BAMBINO AL QUALE APPARVE LA MADONNA

LA FANCIULLEZZA (1894-1907)

L’8 Gennaio 1894 nasceva S. Massimiliano Maria Kolbe.
Uomo dalla vita straordinaria è ricordato soprattutto per il sacrificio estremo a favore di un condannato a morte del campo di concentramento di Auschwitz al quale eroicamente si sostituì.

Secondo l’adagio latino “talis vita, finis ita”, il suo martirio fu l’epilogo di una vita spesa per gli altri il cui filo conduttore fu la singolare devozione all’Immacolata.
I genitori Giulio e Maria Dabrowska erano umili e dignitosi tessitori di Zdunska-Wola.
La mamma era una donna pia che da giovinetta non coronò il desiderio di entrare in convento perché sprovvista della dote che all’epoca era necessaria.
Nella provvidenza di Dio incontrò però un degno marito, fervente terziario francescano.
P. Kolbe fu loro molto affezionato come traspare dal ricco epistolario che la madre custodì gelosamente.
Mentre l’Occidente si godeva la Belle époque, la vita degli operai polacchi non era per nulla facile.
E’ nella modesta abitazione dei Kolbe che venne al mondo il primogenito Francesco e due anni dopo  il nostro Raimondo che più tardi – da frate – prenderà il nome del soldato martire nordafricano Massimiliano da Tebessa.
La presenza di due bambini che crescevano, la ristrettezza di locali e forse anche di mezzi consigliarono Giulie Kolbe a trasferirsi da Zdunska-Wola a Pabianice villaggio vicino, più abitato e confortevole. Qui prese in affitto una casetta nei pressi del cimitero e vi trasferì il laboratorio che mandò avanti con l’assunzione di un operaio; aprì anche un negozietto dove si poteva trovare un po’ di tutto affidato alla gestione della sua sposa.
Giulio era un grande lavoratore infatti prese in affitto anche tre orticelli per il sostentamento della famiglia.
A Pabianice il 29 novembre 1896 nacque il terzogenito Giuseppe. Altri due fratellini, Valentino e Antonio, nati rispettivamente il 2 novembre 1897 e il 19 maggio 1900 non sopravvissero a lungo. La famiglia Kolbe resterà pertanto costituita oltre che dai genitori da tre fratelli: Francesco, Rai-mondo e Giuseppe.
Oggi noi conosciamo P. Kolbe attraverso le fotografie caratterizzate dal singolare atteggiamento di paternità dolce e amorevole. Anche quanti lo hanno conosciuto sono concordi nel ricordare la dolcezza e la mitezza, le quali gli procurarono finanche, come avviene tra i giovani il nomignolo di « marmellata » .
Eppure Raimondo ricevette da madre natura un temperamento vivace, focoso, portato a reazioni repentine.
Lottò non poco per domare se stesso e acquistare pieno controllo e dominio del suo carattere. A ciò gli giovò molto l’educazione ricevuta tra le pareti domestiche.
Mamma Maria, non senza una certa compiacenza, descriveva così il suo piccolo Raimondo:
«Era un ragazzo molto vivo, svelto, e un tantino dispettoso. Ma, tra i miei tre figli, per noi genitori era il più obbediente. Ebbi in lui un vero aiuto, quando con mio marito mi recavo al lavoro. Raimondo pensava alla cucina, rendeva uno specchio la casa, sbrigandone tutte le faccende. Egli si distingueva dai suoi tre fratelli persino nel ricevere il castigo per qualche leggera marachella. Portava sempre con sé il bastone della punizione e, senza esitare, si prostrava sulla panca e poi, ricevuto il castigo, ringraziava noi genitori e imperturbato rimetteva il bastone al suo posto».
Il padre quindi collaborava con la madre in questa educazione sana e che oggi diremmo piuttosto severa. Anzi un coetaneo di Raimondo, suo compagno di scuola, dopo aver ricordato quanto già riferito dalla madre continua dicendo che «iI padre badava che i figli crescessero anche fisicamente sani. Perciò, appena caduta la prima neve, li conduceva in giardino per una corsa a piedi nudi. Sorvegliava poi perché non partecipassero a svaghi troppo chiassosi con gli altri ragazzi».
A questi episodi che hanno lasciato una traccia indelebile nella memoria della madre e dei coetanei, bisogna aggiungere la sollecitudine affinché Francesco e Raimondo, oltre a frequentare le scuole elementari di Pabianice. Ricevessero un’istruzione religiosa da un sacerdote del luogo, P. Vladimiro Jakowski, che era pure direttore spirituale dei coniugi Kolbe.

STORIA DI DUE CORONE

Durante le scuole elementari, verso i dieci anni, bisogna inserire l’episodio più importante e straordinario della fanciullezza di Raimondo .
È una dolcissima e materna apparizione della Vergine che non dimenticherà mai più e che gli sarà di continuo incitamento nel futuro cavalleresco di amore all’Immacolata e nelle fatiche dell’apostolato.
Mamma Maria, dopo la morte del figlio l’ha rivelata ai confratelli di P. Massimiliano in una lettera del 12 ottobre 1941:
«Sapevo già da prima, in seguito ad un caso straordinario che mio figlio sarebbe morto martire. Una volta lo rimproverai per alcune esuberanze. Da allora si rifugiava spesso accanto l’altarino domestico della Madonna.
Lo vidi serio, raccolto e in lacrime. Tremante per l’emozione e con gli occhi gonfi mi disse: — Quando, mamma, mi rimproverasti, pregai molto la Madonna di dirmi cosa sarebbe stato di me. Allora mi è apparsa la Madonna tenendo nelle mani due corone: una bianca, e l’altra rossa. Mi guardava con affetto e mi chiese, se avessi voluto quelle due corone. La bianca significava che avrei perseverato nella purezza e la rossa che sarei stato un martire. Risposi che le accettavo… Allora la Madonna mi guardò dolcemente e scomparve. –
Il mutamento straordinario avvenuto nel ragazzo per me attestava la verità della cosa. Ne era sempre compreso e in ogni occasione, accennava col viso raggiante alla sua desiderata morte di martire. E così io vi ero preparata, come la Madonna dopo la profezia di Simeone… ».
Non sappiamo se mamma Maria abbia a sua volta confidato al marito il segreto del figlio.
Ogni anno gli sposi erano soliti pellegrinare al santuario di Czestochowa. In uno degli anni precedenti alla confidenza di Raimondo, con atto di fede generosa avevano offerto il loro primogenito al Signore ed avevano promesso alla Madonna che avrebbero fatto ogni sacrificio pur d’Indirizzare Francesco al sacerdozio. Raimondo invece avrebbe dovuto aiutarli in casa e pensare a continuare le attività paterne. Anche dopo l’apparizione della Vergine continuarono a mantenere fede a questi propositi.
A questa “esclusione” di Raimondo soggiaceva però la condizione economica modesta della famiglia, impossibilitata a mantenere agli studi superiori più di un figlio contemporaneamente.
Un vero peccato per la spiccata intelligenza di Raimondo.
Il Signor Francesco Pisalski, vicino di casa, descrive così RaÌmondo in questo periodo:
«Era di carattere allegro: era vivace. Mi diceva di essere così pieno di gioia, come lo era stato San Francesco, e che avrebbe voluto come San Francesco conversare con gli uccelli. In chiesa era raccolto serviva la Santa Messa. Evitava divertimenti rumorosi e non assisteva nemmeno a feste familiari di nozze. Era ubbidiente ai genitori e disciplinato».

ATTRATTIVE FRANCESCANE

Non solo per «conversare con gli uccellini » San Francesco gli tornava attraente. Con San Francesco di cui aveva letto la vita ricevuta dal padre, terziario francescano, anche i frati francescani gli destavano simpatia.
Era attratto particolarmente da un convento, poco lontano da Lódz, nascosto tra il verde dei boschi, un po’ fuori dell’abitato di Lagiewniki. La chiesa dedicata a S. Antonio di Padova, più volte l’anno è meta di pellegrinaggi dei fedeli della zona. Dopo aver venerato il Santo Taumaturgo, i fedeli, particolarmente quelli del Palatinato, scendono nella cripta per venerare il sepolcro del Venerabile Padre Raffaele Chylinski, religioso dei Frati Minori Conventuali.
La vita di questo Servo di Dio, già ufficiale ‘dell’esercito polacco, esempio mirabile di un cavalleresco amore alla Vergine santissima, eroe di carità durante anni di guerra ed epidemie è ben nota ai cattolici della Polonia.
Raimondo era attratto da quest’ufficiale che come fra Angelo Tancredi, uno dei primi compagni di S. Francesco, depose la sciabola e indossò il sacro saio.
Il dottor Kotowski di Pabianice  intuendo le potenzialità di Raimondo, si offrì a dargli dapprima lezioni private e poi, colpito dalla sua applicazione e dalle sue virtù, il buon farmacista  mise mano al portafogli e provvide ai libri e all’iscrizione agli esami.
I Kolbe videro in questo gesto di generosità un chiaro intervento della Provvidenza e ben volentieri consentirono a Raimondo di continuare gli studi insieme al fratello all’Istituto Commerciale di Pabianice prima di fare il loro ingresso al noviziato dei Frati Minori Conventuali di Leopoli.

Fra AMAB

 

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