RIPARTIRE DALLA CONFESSIONE

«In questo nostro tempo in cui il volto santo della Chiesa di Cristo è talvolta offuscato da gravi scandali e in cui orribili abusi sono perpetrati da parte degli stessi membri del clero, facciamo memoria della bella espressione attribuita a Papa Pio V “ci vengano dati idonei confessori e avremo la riforma completa di tutta la Chiesa”».
E’ l’invito rivolto anzitutto a chi siede nei confessionali a riprendere «coscienza della bellezza e della potenza della riconciliazione, un sacramento capace di trasformare e risuscitare a vita nuova anche il peccatore più lontano da Dio» che monsignor Krzysztof Nykiel, reggente della Penitenzieria apostolica, ha rilanciato intervenendo a Loreto, martedì 28 gennaio, al nono Simposio per sacerdoti e confessori.
«Il sacramento della riconciliazione e la santità alla luce dell’esortazione apostolica Gaudete et exsultate» di Papa Francesco è stato il filo conduttore dell’intervento di monsignor Nykiel che ha subito messo in guardia dalla tentazione di considerare «i santi esseri umani irraggiungibili, supereroi dotati di poteri straordinari», mentre invece sono «uomini che al pari di noi hanno sperimentato la fatica quotidiana dell’esistenza, fatta di successi e di fallimenti, e che hanno trovato nel Signore la forza di rialzarsi sempre di nuovo». Oltretutto, ha subito aggiunto, «la santità non è un vestito preconfezionato da indossare, un percorso prestabilito fatto di tappe uguali per tutti da conseguire una dopo l’al- tra nel corso della vita, ma è un progetto di amore che il Padre ha pensato diverso per ciascuno di noi, per incarnare e riflettere, in un preciso momento della storia e in un determinato contesto, un aspetto particolare del Vangelo».
Per il reggente della Penitenzieria apostolica va riscoperto in pieno «il ruolo che riveste in tale cammino di santità la celebrazione del sacramento della riconciliazione». E la Gaudete et exsultate, ha fatto presente, «illustra proprio alcune caratteristiche in cui la chiamata alla santità si incarna nel nostro mondo contemporaneo»: Papa Francesco «indica a tutti i fedeli che la loro meta è la santità, che la santità è il fine vero di una vita sincera- mente cristiana e che essa è riservata a tutti».
Nel documento «l’importanza della confessione emerge con chiarezza» attraverso il mo- dello della «santità della porta accanto», del- la «classe media della santità», secondo la no- ta definizione dello scrittore francese Joseph Malègue, «da ricercare più nella vita ordina- ria e tra le persone vicine, che non in modelli ideali, astratti o sovrumani». La questione, dunque, non è tanto essere «perfetti, senza errori, ma persone che, anche in mezzo alle imperfezioni e alle inevitabili cadute, continuano ad andare avanti nel cammino che porta alla salvezza». Consapevoli, scrive il Pontefice nell’esortazione apostolica, «che Dio non si stanca mai di perdonarci; mediante il ministero del sacerdote ci stringe in un nuovo abbraccio che ci rigenera e ci permette di rialzarci e riprendere di nuovo il cammino. Perché questa è la nostra vita: rialzarci continuamente e riprendere il cammino».
«La confessione può a ragione essere considerata il sacramento della speranza», ha affer- mato monsignor Nykiel, perché «nella celebrazione del sacramento continua ad accadere l’incontro tra la miseria di tanti peccatori, sempre tentati di deprimersi, e l’abbraccio instancabile del Padre celeste sempre nuova- mente offerto».
«Nella Gaudete et exsultate — ha proseguito — Papa Francesco mette in guardia i cristiani da due “sottili nemici della santità”, due derive contemporanee di eresie antiche, lo gnosticismo e il pelagianesimo, che tendono a deformare l’immagine della santità declinandola, rispettivamente, in forme intellettualistiche o volontaristiche».
E se «lo gnosticismo vorrebbe trasformare il cristianesimo “in un’enciclopedia di astrazioni”, per cui solo chi è in grado di comprendere la profondità di una dottrina sarebbe da considerare un vero credente», il pelagianesimo «esalta invece in maniera eccessiva lo sforzo personale, come se il conseguimento della santità fosse totalmente frutto della propria volontà, e non della grazia di Dio che sempre ci previene».
Proprio «il sacramento della riconciliazione — ha rilanciato monsignor Nykiel — può essere un valido rimedio contro queste visioni distorte della santità e della vita cristiana. Un uomo che piega le ginocchia nel confessionale e domanda umilmente l’assoluzione, infatti, ha già sconfitto sia il neopelagianesimo — perché domanda l’aiuto della grazia — sia il neo-gnosticismo, perché riconosce di non potersi dare da solo la salvezza, ma che essa viene da Cristo mediante la Chiesa».
Nel documento, ha spiegato, Francesco individua e approfondisce «cinque grandi manifestazioni dell’amore per Dio e per il prossimo» che ritiene «di particolare importanza nel contesto odierno. Tra queste caratteristiche della santità nel mondo attuale, il Papa riconosce l’atteggiamento di umiltà di chi non guarda con superiorità e disprezzo i difetti altrui, ma considera gli altri superiori a se stesso». In fin dei conti «si tratta di una disposizione interiore che può raggiungere solo chi ha coscienza delle proprie colpe e dei propri limiti, solo chi, nel sacramento della confessione, ha sperimentato il dolore e l’umiliazione per i propri peccati e, subito dopo, ha fatto festa con il Padre per il perdono ottenuto». E «per far maturare sempre più l’umiltà nel proprio cuore, Papa Francesco suggerisce inoltre la pratica delle umiliazioni, delle mortificazioni, perché “senza di esse non c’è umiltà né santità”. La vergogna che proviamo nell’accostarci al confessionale e nel confessare le nostre colpe, che è una grazia da chiedere a Dio, è un esempio di tali umiliazioni e ci aiuta a ridimensionare il nostro io».
«Il riconoscere la propria fragilità non implica mai, tuttavia, “uno spirito inibito, triste, acido, malinconico, o un basso profilo senza energia”» ha insistito monsignor Nykiel. Al contrario, fa notare il Pontefice nella Gaudete et exsultate, «il santo è capace di vivere con gioia e senso dell’umorismo: gioioso, perché consapevole della tenerezza di Dio, del suo essere figlio amato e sempre perdonato; pieno di humour, che gli deriva da un sano distacco dalle circostanze della vita».
Infine il reggente della Penitenzieria non ha mancato di proporre suggerimenti pratici — anzitutto «fare memoria delle opere di Dio nella propria vita» e l’esame di coscienza — e modelli di riferimento, come santa Faustina Kowalska e Antonietta Meo (Nennolina). In- vitando i sacerdoti a riscoprire il servizio al confessionale dei santi Giuseppe Cafasso, Pio da Pietrelcina e Leopoldo Mandić.

 

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