LETTERA DEL PARROCO IN OCCASIONE DELLA QUARESIMA 2020

 Cari fratelli e sorelle,

dopo aver indossato costumi carnevaleschi per irridere ai destini infausti della vita o intimidire con i panni degli eroi i minacciosi nemici nascosti nelle ombre della nostra storia, è giunto il tempo di gettare le maschere e rivestirci di Cristo.

E’ questo il senso della Quaresima che ci prepara a vivere la Pasqua di Resurrezione partendo dalla nostra ri-nascita e ri-conciliazione.

Rinascita perché siamo chiamati a diventare creature nuove; riconciliazione perché dobbiamo riscoprire e vivere il senso profondo del ritrovarsi insieme.

La Quaresima 2020 ha assunto tuttavia la connotazione di una quarantena a causa del COVID-19 giustificando distanze – almeno fisiche – fra di noi.
Seneca scriveva a Gaio Lucilio che “Sono più le cose che ci spaventano, di quelle che ci minacciano effettivamente; e soffriamo più spesso per i nostri timori che per i fatti reali”.

La contaminazione più pericolosa tuttavia è quella del peccato e dell’egoismo che ha tempi di incubazioni più brevi e di cura più lunghi di qualunque virus.

Viviamo di tante paure e, per quanto possa sembrare strano, a volte abbiamo paura anche di Dio.

Non è il santo timore di offenderlo, ma è una visione distorta che abbiamo del Signore dettata dai nostri fantasmi interiori ma soprattutto dalla nostra non conoscenza di Lui.

Non pregare, non ricevere l’Eucarestia, non ascoltare la sua Parola ci porta a fare di Dio il grande estraneo della nostra vita e come ogni “straniero”, come ogni “sconosciuto”, lo consideriamo una minaccia.
Dio invece è pura perfezione e solo in Lui ci può essere vero amore e pace.

In Dio non c’è spazio per l’odio, la crudeltà, la malizia. Inoltre, essendo infinitamente felice, non ha bisogno di alcunché di nostro, non ha la necessità di prenderci qualcosa o di obbligarci a fare alcunché. Quando ci chiede qualcosa è per il nostro bene. Il suo amore non è dunque possessivo, vampirizzante o dominante. Ci ama con somma delicatezza e non c’è amore più rispettoso del suo. Ci lascia completamente liberi ed entra soltanto laddove glielo permettiamo. Si limita a chiedere e ad attendere pazientemente. Perdona con misericordia e ci permette sempre di ricominciare daccapo. Non ha quindi senso aver paura di Dio. Succede però che alcune persone abbiano un’immagine sbagliata di Dio, che non si relazionino con il Dio vero bensì con un’immagine negativa che si sono fatte di lui. Occorre riconoscere questa cattiva immagine e smascherarne la falsità. Conviene inoltre chiedere al Signore che distrugga tale immagine e ci mostri il suo autentico volto d’amore, perché non abbiamo paura di lui e non fuggiamo dalla sua presenza.
Il banco di prova è il modo con il quale ci relazioniamo al prossimo.

Se uno non ama il prossimo che si vede, non può amare Dio che non si vede (1Gv 4,19-5,4).

Benedetto XVI nel formulare alla Curia Romana gli auguri natalizi nel 2011 citava il filosofo Joseph Pieper che nel suo libro sull’amore scriveva: “Il dubbio circa l’esistenza umana diventa sempre più insuperabile. Laddove diventa dominante il dubbio riguardo a Dio, segue inevitabilmente il dubbio circa lo stesso essere uomini. Vediamo oggi come questo dubbio si diffonde. Lo vediamo nella mancanza di gioia, nella tristezza interiore che si può leggere su tanti volti umani. Solo la fede mi dà la certezza: è bene che io ci sia. È bene esistere come persona umana, anche in tempi difficili. La fede rende lieti a partire dal di dentro”.

Chi non è amato non può neppure amare se stesso. Questo essere accolto viene anzitutto dall’altra persona. Questa è la Quaresima: prepararsi e incontrare l’altro, il primo prossimo, il fratello più vero che abbiamo, Gesù. Per lui cambiamo. Cambiamo quando ci abbandoniamo alla sua amicizia, quando non abbiamo paura di aprire la porta del cuore, quando sentiamo il suo amore per noi che dilata il nostro cuore e ci rende capaci di misure diverse da quelle abituali. Gesù non ci cambia con una legge, ma con il suo amore. Solo così possiamo essere diversi, comprendiamo le malattie del nostro cuore e impariamo a liberarcene. La Quaresima è, infatti, l’incontro con Gesù, diretto, senza filtri, come nel deserto. È lasciarci curare da quel medico buono che vuole uomini con un cuore che funziona, finalmente capace di amare.
La Quaresima è il tempo del cuore: il nostro e quello, sempre nuovo, di Gesù. Siamo aiutati a trovarlo proprio aprendoci a lui che ci dona cuore, che possiamo capire solo amandolo.

Rabbi Bunam disse: “È scritto nei Proverbi di Salomone che come nell’acqua il viso rispecchia il viso, così il cuore dell’uomo rispecchia l’uomo. Perché è detto nell’acqua e non nello specchio? Nell’acqua l’uomo vede la sua immagine soltanto se si avvicina molto. Così anche il cuore deve chinarsi molto vicino al cuore e allora vi scorge se stesso” (M. Buber, Detti chassidici).

In Quaresima vogliamo chinarci, umiliarci, non avere paura a guardare negli occhi e farci vedere da lui come siamo per trovare il nostro vero volto, la nostra icona, specchiandoci nel volto più umano, il vero volto dell’uomo che è Gesù.
Se ci lasciamo amare da lui, sperimenteremo la sua tenerezza rispettosa e bella, e il suo amore dissiperà ogni paura. Inoltre, per non accampare scuse e compatire la nostra esistenza, ricordiamoci che Dio si è fatto uomo, si è fatto piccolo per compatire la nostra vita. Immaginiamolo bambino a Betlemme. Chi può avere paura di un bambino inerme? Immaginiamolo crocifisso per amore. Chi può avere paura di qualcuno che fu tanto legato a noi da farsi inchiodare mani e piedi sulla croce? Abbandoniamo ogni timore e riposiamo tra le sue braccia, perché Egli risani il nostro essere da tutte le tensioni inutili che ci hanno causato le paure.

E’ la paura del metterci in gioco, del sacrificarci, della cattiva figura, del darla vinta all’altro, dell’essere considerati “babbei”…

La paura paralizza il cuore, l’amore lo libera!

La nostra parrocchia si gloria di avere come patrono S. Rocco di Montepellier.

Sui passi di S. Francesco d’Assisi che baciava i lebbrosi, il giovane pellegrino francese curò amorevolmente gli appestati contraendone il terribile morbo da cui fu miracolosamente guarito.
Nell’intera creazione che attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio e geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto (cfr. Romani 8, 19-22) fu un cagnolino che leccando le sue piaghe infette lo guarì producendo però “l’effetto collaterale” della conversione del suo padrone.

Come lo scandalo produce il male, allo stesso modo il bene produce altro bene che avanza verso orizzonti inimmaginabili.

Non bisogna mai avere paura di fare il bene e non bisogna mai rinchiudersi nella corazza dell’autosufficienza come singoli o comunità.

La Domenica delle Palme sarà segnata dal tradizionale evento de’ “La Storia dei Tre Giorni”, la rievocazione della Passione, Morte e Resurrezione di Gesù con la sua portata sacra e sacrificale.

Sacra perché non si tratta di una commedia, di un melodramma o di una tragedia, ma del Mistero Pasquale incarnato e ripresentato nei luoghi e nel tempo dove viviamo.

Sacrificale perché richiede impegno ed energie che chiamano in causa persone generose che non possono rallentare trascinando vagoni frenati su binari morti.

I nostri correligionari in alcune regioni del mondo mettono in pericolo la vita per andare a Messa con il rischio reale di saltare in aria in un attentato esplosivo.

Nel Nord del nostro Paese, nelle Regioni maggiormente colpite dal Coronavirus, si è preferito chiudere le chiese e nella nostra Sicilia si è preferito, intanto, non stringersi la mano allo scambio della pace ma salutarsi con altri gesti, così come si usa in Giappone o in Corea che pertanto sono i Paesi più colpiti dal contagio…

L’uomo di fede è colui che crede nell’amore del Padre che non abbandona nessuno al suo destino ed impedisce alle onde del male di inghiottire la vita. Noi stessi dobbiamo tendere le nostre mani per aiutare chi affonda nella disperazione, nell’amarezza, nella solitudine, nella violenza di questo mondo.

Quanti “Signore, salvami!” devono essere raccolti!

La nostra forza è una presa di coscienza serena dei nostri limiti e la scelta della bontà, manifestazione concreta dell’amore. Se vivessimo la saggia considerazione di Manzoni: “Si dovrebbe pensare più a far bene, che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio!

 

Vostro fratello e padre

Alfonso M. A. BRUNO

 

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