E’ giusto pagare un riscatto per gli ostaggi?

 Premesso che ogni Stato ha il dovere di assistere i suoi cittadini all’estero l’opportunità del riscatto ai rapitori è un tema  molto dibattuto in politica internazionale soprattutto dall’epoca delle esecuzioni brutali del Daesh.

Alla cristallizzata formula del “non si tratta con i terroristi” si oppone il “no one left behind”, nessuno può essere lasciato alla propria sorte sul campo di battaglia.

Non soltanto l’Italia ma buona parte dei paesi occidentali hanno dovuto prima o poi fare i conti con questa situazione, ritrovandosi costretti a scegliere tra accettare le richieste economiche dei rapitori o rischiare difficili azioni di forza dall’esito incerto.

I Governi che privilegiano il blitz militare come gli USA, la Gran Bretagna e Israele, si sono spesso contraddetti.

Oltre ad aver pagato in più occasioni il riscatto, hanno più spesso preferito la liberazione di prigionieri mettendo in libertà soggetti pericolosi.

Nelle operazioni militari c’è sempre il rischio di fare vittime tra le forze speciali e gli stessi ostaggi.

L’8 marzo 2012 in Nigeria finì con la morte dell’italiano Franco Lamolinara il bliz degli inglesi nei quali perse la vita anche il loro connazionale Chris McManus.

Fausto Piano e Salvatore Failla, due dei quattro tecnici italiani sequestrati in Libia il 29 luglio 2016, furono egualmente uccisi durante uno scontro a fuoco a Sabrata.

L’operazione per la liberazione di Giuliana Sgrena costò 6 milioni di euro, ma in quel fatidico 4 marzo 2005 perse la vita a Bagdad Nicola Calipari, l’ufficiale dei nostri servizi che la stava riportando a casa.

In Siria nel 2013 l’italiano Federico Motka fu rilasciato e il britannico David Cawthorne Haines, ucciso.
Sembra che l’Europa continentale abbia una costante – per quanto mai dichiarata – politica di disponibilità al pagamento di riscatti di cui quasi la metà è stato pagato dalla Francia, che ha ottenuto in questo modo la liberazione del maggior numero di sequestrati: diciassette.

Ci sono, fra le altre, anche Spagna, Germania, Svizzera e Italia.

D’altra parte, non c’è una linea di condotta definita da scelte di lungo periodo. Circostanze specifiche possono modificare il quadro: è significativo che nell’ultima vicenda riguardante un cittadino francese, il turista Hervé Gourdel (poi ucciso), la Francia abbia ignorato le richieste del gruppo jihadista algerino che l’aveva sequestrato.
Rimangono evidenti le ragioni di popolarità che portano un politico a preferire la liberazione di un proprio cittadino allo sgozzamento dello stesso.

Il denaro certamente incoraggia al rapimento a scopo estorsivo e concorre a finanziare le operazioni dei terroristi.

Se Silvia Romano è costata meno dello stipendio annuale di un nostro calciatore di Serie A, in un misto di ipocrisia e schizofrenia decisionale è lecito chiedersi chi fornisca poi ai terroristi gli strumenti di morte con la vendita delle armi.

 

Fra AMAB

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