RESTI D’INCIVILTA’

 Nella crescente sottrazione di spazi sociali per i giovani nella nostra Barcellona, dopo il fallimento della movida alla “Vecchia Pescheria”, sembra che Calderà sia diventata il nuovo luogo di aggregazione specie per i giovanissimi ancora minorenni.

Ho sempre pensato che non sono i giovani che hanno bi­sogno della società e della Chiesa, ma sono la società e la Chiesa che hanno bisogno dei giovani. Non è per nulla che i più accesi sostenitori dell’attuale Pon­tefice siano spesso i giovani.

Questi ragazzi sono i benvenuti nel nostro quartiere balneare e lo scorso sabato volevo tanto intrattenermi con loro se non mi fossi oltremodo attardato nel richiesto e dovuto accompagnamento spirituale di un parrocchiano ben oltre l’orario di fine della S. Messa.

Mi sono pentito amaramente per quest’occasione mancata perché la domenica mattina ho trovato sui muretti della casa di fronte la nostra parrocchia, i resti sgraziati e indecorosi di un bivacco.

Tante persone imprecando contro il Comune mi hanno detto di dire e fare qualcosa.

Nessuno però ha raccolto quegli avanzi di pizza, cartoni e bottiglie per metterli nei vicini contenitori della spazzatura.

Per l’ottimo rapporto che coltivo con le istituzioni ho già provveduto a segnalare la decrescente urbanità.

Ero tentato di scrivere una lettera aperta, ma credo che il ruolo di un pastore e di un educatore non sia quello di fare il tribuno alla maniera tanto inutilmente comprensibile quanto scomposta e irrituale di qualche prelato dell’Italia Centrale all’inizio della Fase 2 della pandemia.

Credo altresì che anche il ruolo dei politici non sia quello di fabbricare il consenso attraverso Twitter, You Tube e Facebook.

Dai principi occorre passare ai fatti.

Giovani che eleggono un posto bello, in riva al mare, dall’alto potenziale turistico per le loro passeggiate, giocate e discussioni, è qualcosa da incoraggiare.

Che gli stessi giovani trasformino il loro parco ritrovo in porcile, è un altro discorso.

Non sono però i giovani i primi da biasimare: sono gli adulti, a partire dai genitori.

Ricordo che tempo fa, in un discorso da pronunciare a degli universitari francofoni, presi in esame il saggio di Gabriel Madinier, La coscience morale.

Due anni prima dei famigerati Anni Sessanta, il filosofo lionese già scriveva che “gran parte della nostra cultura, attraverso l’espressione dei costumi, delle leggi, delle tendenze della scuola e degli atteggiamenti degli insegnanti e dei genitori, tende a preservare i giovani da ogni contatto con i problemi reali. Essi vengono tenuti lontano dal lavoro, dall’assunzione di responsabilità, dall’intervento negli affari civici o politici, non hanno voce in capitolo nelle questioni internazionali; devono solo essere preservati da ogni contatto diretto coi problemi effettivi della vita degli individui e dei gruppi. Non ci si attende da loro che aiutino in casa, che guadagnino la loro vita, che apportino un contributo alla scienza, che trattino questioni morali e problemi di rapporti sociali. D’altra parte nella nostra epoca le istanze giovanili si vanno facendo sempre più pressanti e le risposte timide non possono più bastare“.

Un filosofo si chiederebbe: come uscire allora dalle visioni della vita che “i maestri del sospetto” hanno diffuso?
Come, cioè, ridimensionare il significato ed il valore del sesso (Freud), del danaro (Marx) e del potere (Nietsche)?
Alcune risposte dei giovani hanno un denominatore comune: essi percepiscono che il mondo adulto ‘non li ascolta’, non soltanto riguardo ai loro problemi personali ma anche per ciò che concerne la loro visione della cultura e del mondo attuali.

Un fatto che si traduce in termini di allontanamento o di vicinanza.  
I giovani si allontanano quando percepiscono che l’intenzione di fondo di chi parla loro è quella di “disciplinarli”.

Al contrario, si avvicinano e rispondono con grande generosità, quando vengono chiamati a dare un concreto aiuto agli altri.

La crisi dei giovani è semplicemente l’altra faccia della crisi degli adulti. I giovani hanno spesso perduto la fede perché prima di loro lo hanno fatto gli adulti, cioè i loro genitori, che non la trasmettono più ai figli.
In secondo luogo, e questo ovviamente non è solo un problema ecclesiale, gli adulti intendono rimanere giovani a tutti i costi, senza rispettare il diritto dei giovani a diventare tali, giudicando alla Madinier forse troppo pericoloso il mondo futuro per loro, ma perdendo così l’indispensabile compito di “generare alla vita” e lasciare ai giovani la creatività di trovare forme ed espressioni di fede adatte alla loro età.

Domenica prossima, Solennità del Corpus Domini, non ci sarà la tradizionale processione per le strade di Calderà come per le altre strade delle nostre città.

E’ come se soprattutto in chiesa e per le cose che riguardano la fede ci sia il rischio di contaminarsi da Covid-19!

La settimana che ci annuncia ci offre tuttavia un’occasione privilegiata per invitare i giovani a riscoprire il senso del dialogo con il Signore e ad ascoltare la Sua voce.

Emergeranno tante risposte al loro grido di aiuto, spesso soffocato dai woofers della macchinine 50cc o dalle marmitte spillate dei loro scooter.

La parrocchia S. Rocco in Calderà sarà aperta per l’Adorazione Eucaristica perché, come scrive il gesuita argentino P. Diego Fares, molto legato a Papa Francesco, la pietà popolare, il luogo non clericalizzato, è il più propizio per iniziare e confermare un processo di discernimento.

Per i giovani è fondamentale situarsi in questo ambito della pietà del popolo fedele per esserne impregnati e nutrirsi degli indirizzi con cui il popolo ci insegna e ci illumina più dei parolai superliturgisti e superpastoralisti.

Il nostro quartiere ripartirà da questa prospettiva per farsi prossimo dei giovani e accompagnarli verso la loro Emmaus esistenziale passando dalla strada dello scoraggiamento alla mensa della condivisione del Pane Eucaristico.

Et introíbo ad altáre Dei: ad Deum qui laetíficat iuventútem meam (Sal. 42).

Fra AMAB

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