Ripartire dai bambini

Ho scoperto in Africa quanto l’educazione catechetica dei fanciulli possa aiutare ad avvicinare anche gli adulti alla fede cristiana.
Nei villaggi dove nessun adulto praticamente parlava il francese, erano gli scolaretti delle scuole elementari a farmi da interpreti presso nonni e genitori.
Ho incontrato persone che cercavano Dio con cuore sincero, naturalmente religiose, molto aperte al trascendente, ma poco familiari al cristianesimo.
In soli venti anni le cose sono radicalmente cambiate e il cattolicesimo rappresenta già in alcuni Paesi del Continente Nero la religione più diffusa.
La Chiesa cattolica è stata profetica anche nell’alfabetizzazione chiedendo ai catecumeni adulti di imparare a leggere e a scrivere.
La televisione ha fatto tutto il resto accelerando con la sua recente diffusione capillare il processo di globalizzazione e di volgarizzazione delle lingue degli ex colonizzatori.
Nel tornare nel mio Paese ho scoperto una situazione da emergenza missionaria.
Esiste un sottostrato di cultura cristiana avvalorato da una significativa pietà popolare soprattutto nel Mezzogiorno, ma la partecipazione alla Messa domenicale e la traduzione della fede professata nella vita di ogni giorno mi sono sembrati abbastanza scuciti.
Il catecumenato dei fanciulli è diventato quindi un’occasione d’oro per interagire con i loro genitori e offrire un’ulteriore opportunità di santificazione della festa con una seconda celebrazione del mattino.
La richiesta in verità era partita dalla base, dalle mamme preoccupate di arrivare in ritardo all’unica S. Messa delle 10, ma è stata presa in considerazione perché nell’arte pastorale nulla deve rimanere intentato.
Superato il piccolo coro dei “bastian contrari” a ogni novità, siamo stati gratificati e incoraggiati dalla massiccia partecipazione dei bambini, accompagnati naturalmente dai genitori, molti dei quali mai visti prima.
Tra qualche mese siamo pronti ad affrontare anche l’effetto della parabola discendente della cessata novità, dinamica con la quale purtroppo bisogna misurare anche la pratica cristiana nella cultura del consumismo e dello scarto.
Mi conforta l’azione dello Spirito Santo che anima la vita della Chiesa rendendola feconda dove, quando e come vuole.
L’attività ministeriale va vissuta certamente con generosità, sia da parte dei presbiteri che degli altri agenti pastorali in un cammino sinodale in continua purificazione e riforma.
Nell’anno del Sinodo dei Giovani vorrei infine ricordare anche il supporto che la realtà oratoriale fornisce alla parrocchia.
L’attività ludico ricreativa animata dai nostri giovani adulti, infatti, non è mai dissociata da quella educativa e diventa un modo con il quale aggregare bambini, adolescenti e giovani intorno alla realtà parrocchiale.
Come più volte predico, spero che grandi e piccini possano sempre più sviluppare il senso di appartenenza alla propria Parrocchia, ma soprattutto riconoscerla come dimora, cioè luogo di sicurezza e progettualità nella Chiesa famiglia.
Unificando le energie e agendo in sinergia con le altre agenzie educative si può costruire un futuro diverso per la nostra città e il nostro Paese.
Il bullismo nella scuola e il degrado sociale di cui la cronaca ci sta sempre più abituando in questi giorni hanno rivelato il fallimento e il limite di una società estremamente individualista e sempre più secolarizzata.
Le ferite contratte dalla famiglia come istituzione, ma anche dalla stessa Chiesa che vive nel mondo pur non riconoscendosi strettamente nei suoi canoni, ci devono indurre ad esplorare nuovi cammini e gettare ponti per l’avvenire.

Fra AMAB

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