ESSERE DI PAROLA

Nel passato anche recente non era raro sentir usare l’espressione “costui è un uomo di parola”, ossia una persona affidabile, capace pertanto di ispirare fiducia. Insomma qualcuno in cui si può aver fede. E questo era più che un complimento: era il riconoscimento di un cammino di unificazione che la persona aveva compiuto su di sé e perciò era ora all’altezza delle sue parole, delle sue promesse e dei suoi impegni. Proprio per tale ragione la possibilità di ispirare fiducia, di dare un riscontro positivo alle attese e alle richieste altrui, costituisce da sempre un tratto decisivo dell’essere adulto.
Possono ispirare fiducia, infatti, solo un uomo e una donna veramente liberi, un uomo e una donna veramente adulti.
Oggi sentiamo progressivamente sempre più allarmanti richieste di fiducia. Di fiducia avrebbe bisogno, in ordine, il mercato, la politica, la società, la famiglia, i giovani, i paesi in via di sviluppo… La crisi stessa che ovunque colpisce il mondo odierno non sarebbe altro che una crisi di fiducia. La cosa non meraviglia affatto. Dove infatti scarseggia la qualità adulta degli uomini e delle donne, realtà purtroppo sempre più diffusa nel nostro occidente avvinto e ammaliato dal mito del giovanilismo, diminuisce inevitabilmente la quantità di fiducia. E dove non scorre una fiducia elementare tra gli esseri umani la vita diventa difficile, al limite impossibile.
Sono libero –si sente dire spesso –se e solo se in ogni circostanza sono sicuro di poter tornare sui miei passi. Ma l’idea della possibile revocabilità di ogni scelta è un concetto pazzesco di libertà: impedisce radicalmente di fare una storia con noi stessi, di costruire una biografia, di tracciare una trama sensata di esistenza. Ricominciare ogni volta daccapo è pura follia. È una concezione infantile e immatura di libertà. Da qui le tante fatiche del nostro a volte impossibile convivere. Una prassi adulta di libertà richiede invece capacità di fedeltà a se stessi e alla storia che abbiamo in parte iniziato a costruire, richiede pure disponibilità al sacrificio in nome di un futuro non ancora pienamente visibile ma già intuito, sognato, desiderato. Richiede insomma fiducia in se stessi: nella possibilità di poter superare gli ostacoli che ci si presentano, di poter perseverare nelle prove a volte dolorose che si impongono nella vita, di poter resistere alla tentazione di mandare tutto alla malora, di saper dare credito e speranza all’incredibile e all’insperabile che c’è dentro ogni vicenda e sofferenza umana. Possiamo ispirare fiducia, insomma, solo se nutriamo fiducia in noi stessi: molto di ciò che siamo non dipende da noi, molto di ciò che saremo dipende dal nostro lavoro, ma tutto questo richiede la capacità concreta di stare con noi stessi. Di avere appunto una fede nei confronti di noi stessi. Il cristianesimo ha al riguardo una paradossale verità da comunicare all’uomo e alla donna di ogni tempo: non solo crede e propizia che ciascuno possa aver fede in se stesso e per questo essere di parola verso gli altri, ma più radicalmente annuncia che Dio ha fede in ciascuno di noi. Anche in te.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *