Kolbe e la religione dell’Amore

Il 6 Aprile 1934 Padre Kolbe scriveva da Nagasaki una lettera ai chierici novizi di Assisi in ringraziamento ad una precedente missiva nella quale i suoi giovani confratelli assicuravano preghiere e mortificazioni per la fecondità missionaria di Mugenzai No Sono, la cittadella dell’Immacolata in Giappone.
“La grande parte dei successi della causa dell’Immacolata nei cuori sulle terre ancora pagane è dovuta – diceva il santo – alla vostra cassaforte tanto ripiena, che avete avuto la bontà d’accumulare”.
L’auspicio di Padre Kolbe era che le anime che si avvicinassero all’Immacolata ottenessero dal Sacro Cuore di Gesù la grazia della conversione, perseveranza e santificazione.
In queste espressioni e nella gerarchia delle mediazioni Padre Kolbe rispetta la logica teologica che da Maria a Cristo, porta infine alla SS.ma Trinità.
Nel Rycerz Niepokalanej del Febbraio 1923 con un’altrettanta felice immagine, San Massimiliano sosteneva che verso i consacrati all’Immacolata, Ella ha ormai un titolo per prendere, dolcemente e col tempo, possesso di quel cuore, deporlo in quello infuocato di Gesù e renderlo felice.
Queste espressioni di fede e tenerezza si inserivano nel solco della tradizione francescana che da sempre ha valorizzato l’umanità di Cristo e che nella preghiera dell’Absorbeat di San Francesco sintetizza il desiderio orante e l’impegno costante della configurazione a Cristo.
In un manoscritto del 1940 San Massimiliano compose la sua formula di consacrazione all’Immacolata nella quale chiedeva di diventare – insieme ai suoi “militi”  – uno strumento utile per innestare e incrementare il più fortemente possibile la gloria dell’Immacolata in tante anime smarrite e indifferenti e per estendere, in tal modo, quanto più è possibile il benedetto Regno del SS.mo Cuore di Gesù.
Padre Kolbe faceva infine notare che nella “preghiera sacerdotale” del Divin Maestro nel Getsemani, come risultasse evidente che Gesù desiderava vivamente che un amore sincero regnasse tra gli uomini.
L’argomento chiave della sua evangelizzazione nel pagano Giappone era proprio la presentazione del cristianesimo come “religione dell’amore”.
Nel numero di Luglio del Seibo No Kishi, il mensile mariano nipponico stampato e diffuso da Padre Kolbe, il santo faceva leva sulla cultura giapponese in costante ricerca di perfezionamento personale.
Da questo punto di partenza, dichiarando che l’odio distrugge, dimostrava viceversa che solamente quella religione che insegna l’amore di Dio e del prossimo può perfezionare gli uomini e che la religione di Gesù Cristo è realmente questa religione dell’amore, dell’amore perfetto, e che ciò è evidente nelle sante parole di Gesù Cristo.
Quando un dottore della legge interrogò il Signore per metterlo alla prova: «Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?». Gli rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti» (cf. Mt 22,35-40).
È lecito affermare – concludeva Padre Kolbe,  che si firmava Korube per “nipponizzare” il suo cognome –  che se questa religione si diffondesse nel mondo intero, esso diventerebbe un paradiso.

Fra AMAB

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