LA GUERRA RUSSO – UCRAINA E IL RUOLO DELLE CHIESE

Come si sono mosse nel conflitto le chiese cattolica e quella ortodossa?

Papa Francesco ha evitato di condannare apertamente la Russia, si è presentato a sorpresa dall’ambasciatore russo a Roma, Aleksander Avdeev, per fermare le bombe in Ucraina, e ha definito la guerra “una pazzia”.

Parte del suo imbarazzo è nell’intervenire in un ginepraio religioso, che consiglia prudenza e cautela, anche in considerazione del secondo incontro (dopo quello di Cuba del 2016) con il patriarca Kirill, previsto per l’estate. A questo si aggiungono le voci, messe in giro dal partito Piattaforma di opposizione (Opzzh), che Zelensky si stesse preparando a firmare una sorta di concordato con la Santa Sede, in qualche modo mettendo in secondo piano gli ortodossi, che sono maggioranza.

Il 25 febbraio 2022, ai primi rulli dei tamburi di guerra tra Russia e Ucraina, il Santo Padre si è tuttavia recato all’ambasciata della Federazione Russa presso la Santa Sede.

L’inedito gesto ha destato sorpresa generale, come ha dichiarato il cardinale Pietro Parolin in una recente intervista a Famiglia Cristiana, ma ha voluto manifestare, da una parte, la sua profonda preoccupazione per ciò che accade in Ucraina e, dall’altra, consegnare personalmente il suo pressante invito affinché ci sia una svolta verso la pace, soprattutto da parte della Russia.

«Nell’offrire la propria disponibilità a “fare da mediatrice” o a svolgere qualsiasi altra forma di facilitazione», ha proseguito il cardinale Segretario di Stato, «la Santa Sede non persegue interessi propri né impone modalità o condizioni. Unico presupposto imprescindibile di un suo eventuale intervento, che è legato al riconoscimento della libertà e della responsabilità delle parti, è che esse si manifestino decise a coinvolgerla, conoscendo la sua volontà a essere di aiuto per ogni buona causa.  Quanto ci sta a cuore, in ogni caso, è che Russia e Ucraina mettano in atto colloqui seri e costruttivi per trovare una soluzione concordata».

Importante  anche il dialogo ecumenico. «Sia le Chiese ortodosse dell’Ucraina sia il Patriarcato di Mosca sono istituzioni che hanno una grandissima rilevanza sociale», ha continuato il cardinale Parolin. «La loro voce è importante non solo per i fedeli che ad esse appartengono, ma anche per le autorità civili dei rispettivi Paesi. Esse possono pertanto offrire un validissimo contributo alla cessazione dell’attuale tragedia, cominciando a ricordare a tutti che, al di là di ogni differenza, l’altro è sempre un fratello da capire e amare, non un nemico da demonizzare ed eliminare».

Il 27 febbraio, nel quarto giorno di guerra, il Patriarca ortodosso di Mosca Kirill — che in privato si era opposto, anni fa, all’annessione della Crimea da parte della Russia — si è riallineato alle posizioni del Cremlino e aveva definito «forze del male» gli oppositori di Mosca.

Dopo giorni nei quali molti vescovi gli avevano chiesto di prendere posizione sul conflitto, il patriarca di Mosca, Kirill, ha giustificato l’attacco da parte della Russia contro l’Ucraina. In un sermone pronunciato nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca durante la Domenica del Perdono, che in Russia apre la Quaresima, Kirill ha spiegato che quella ingaggiata dalla Russia è una lotta contro la promozione di modelli di vita peccaminosi e contrari alla tradizione cristiana, e ha portato — come esempio — il Gay Pride.

Kirill, il patriarca di Mosca, da sempre fedele a Putin, aveva ricordato che i popoli russo e ucraino hanno una storia secolare comune, “che risale al battesimo della Rus da parte del santo principe Vladimir” (28 luglio 988). Un modo per rimarcare il primato russo sul patriarcato di Kiev. E prima di oggi aveva pronunciato parole ambigue. Condannando solo le uccisioni dei civili, ma benedicendo implicitamente i tank russi.

Il patriarca ortodosso ha fatto riferimento solo alle vittime filo-russe nel Donbass, e mai a quelle dell’attuale invasione.

La questione religiosa in Ucraina è molto complicata. I fedeli ortodossi delle Chiese di Mosca e Kiev sono oltre 140 milioni, su un totale di 220 nel mondo.
Contrariamente al cattolicesimo, specie dopo la fine dello Stato della Chiesa, nella storia della Chiesa russa non c’è mai stato un periodo in cui questa fosse in una posizione di libertà davanti allo Stato, tranne che nei pochi mesi intercorsi tra la deposizione dello zar Nicola II e la rivoluzione bolscevica, da marzo a ottobre del 1917. È soltanto negli ultimi 25 anni che la Chiesa ortodossa russa ha faticosamente cominciato a elaborare un paradigma di relazione con lo Stato che non ne contempli la totale fusione, e ciò avviene comunque all’interno di una tradizione – quella bizantina – che non riesce a distinguere adeguatamente tra la lealtà nei confronti dell’autorità civile e il rischio di un totale appiattimento su di essa”.

Nel 2018 è avvenuto uno scisma storico e traumatico, che ha portato alla creazione della Chiesa ucraina autocefala che è stata riconosciuta dal patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo

Ma c’è anche un conflitto sotterraneo con il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo (che ha riconosciuto la Chiesa autocefala ucraina), per la sua volontà di affermare la superiorità rispetto alle altre Chiese ortodosse. Per contrastare la Chiesa autocefala, le autorità di Mosca hanno concesso più autonomia al patriarca di Kiev restato fedele alla Russia, permettendo anche l’uso della lingua ucraina. Ma tra gli obiettivi evidenti dell’offensiva putiniana è evidente che c’è anche la volontà di riassorbire lo scisma e la chiesa ucraina con i suoi 30 milioni di fedeli.

La Santa Sede ha confermato che questa mattina c’è stata una telefonata tra il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, e il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov: «Il cardinale ha trasmesso la profonda preoccupazione di Papa Francesco per la guerra in corso in Ucraina e ha riaffermato quanto detto dal Papa domenica scorsa all’Angelus», fa sapere il portavoce vaticano, Matteo Bruni: «In particolare ha ribadito l’appello perché cessino gli attacchi armati, perché si assicurino dei corridoi umanitari per i civili e per i soccorritori, perché alla violenza delle armi si sostituisca il negoziato. In questo senso, infine, il Segretario di Stato ha riaffermato la disponibilità della Santa Sede “a fare di tutto, a mettersi al servizio per questa pace”».

 

Fra AMAB

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