SAN CHARBEL MAKHLOUF

nato nel 1828 a Bkaakafra, Libano
morto nel 1898 ad Annaya, Libano
monaco cristiano maronita e presbitero libanese
venerato dalla Chiesa cattolica
ricorrenza liturgica: 24 luglio

Ribattezzato dalla devozione popolare “il padre Pio” d’Oriente per le numerosissime e straordinarie guarigioni attribuitegli sia in vita che dopo la morte, Youssef Makhlouf si diede il nome di Charbel (che nella lingua libanese significa “storia di Dio”) in omaggio a un martire siriano del II secolo.
Dimostrò fin dalla fanciullezza un’eccezionale inclinazione alla spiritualità, alla vita ascetica e alla preghiera quotidiana – che recitava in aramaico, la lingua di Cristo –, doni celesti nei quali fu ampiamente assecondato dal patrigno, uomo a propria volta molto religioso al punto da abbracciare il ministero del diaconato. Nel 1850 abbandonò la casa di famiglia e la cura delle greggi per ritirarsi nel monastero di Nostra Signora di Mayfouk dove intraprese il noviziato. I voti perpetui li pronunciò nel monastero di san Marone di Annaya tre anni più tardi. Dopo un breve passaggio per il monastero di san Cipriano di Kfifen, tornò in quello di Annaya, dove rimase dal 1859, quando fu ordinato sacerdote, al 1875, anno quest’ultimo in cui scelse di ritirarsi a vita eremitica solitaria e durissima, la stessa che condusse poi per ben ventitré anni, fino alla morte. Il luogo del suo ritiro, rimasto famoso per i primi miracoli e per le lunghe ore da lui dedicate all’Adorazione eucaristica, divenne il monastero di san Charbel.
Dopo la morte, avvenuta la vigilia di Natale del 1898, il suo corpo si mantenne intatto, morbido e alla temperatura vitale, e da esso cominciò a trasudare sangue misto ad acqua, un liquor portentoso che le folle accorrevano a raccogliere nelle solennità in cui i monaci aprivano il sepolcro del loro padre, riscoprendone puntualmente le spoglie immutate.
Tra i numerosi risanamenti di malati attribuiti a san Charbel, il più singolare è l’operazione chirurgica al collo subita durante il sonno da una donna che ne ha poi portato le cicatrici evidenti per tutta la vita, peraltro sanguinanti il primo venerdì di ogni mese. Da allora Charbel viene invocato come il santo taumaturgo e chirurgo che opera dall’aldilà.
Nel 1925 papa Pio XI Ratti avviò la causa della sua beatificazione. Nel 1950 una nuova ispezione del corpo ne attestò lo stato assolutamente incorrotto. Quattro anni dopo il pontefice Pio XII Pacelli accettò formalmente la causa di beatificazione proposta dal predecessore, ma Charbel fu beatificato poi il 5 dicembre 1965 da papa Paolo VI Montini. A questo punto però, e a soli tre giorni dalla conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II, accadde un fatto sorprendente e inquietante, infatti dopo sessantasette anni di perfetta conservazione il cadavere di Charbel si dissolse improvvisamente e completamente. Il 9 ottobre 1977 fu canonizzato da papa Montini.
Tra le sue reliquie più importanti è conservata una sorta di “veronica”, un panno usato da un monaco per asciugare la secrezione rossastra che usciva dal viso del santo e sul quale è rimasta la sua effigie.

Oggi il maronita Charbel è uno dei santi più invocati dagli esorcisti. Il viso ascetico e scavato, il cappuccio nero e la lunga barba bianca contribuiscono a farne nell’immaginario popolare il fratello libanese del frate di Pietrelcina.
I pellegrinaggi mensili sono nati alla fine della sanguinosa guerra civile (1977-1990) che ha devastato il Libano e fatto emigrare centinaia di migliaia di cristiani. In uno sperduto paese a nord di Beirut, ad Annaya, una signora libanese, Nohad, madre di numerosi figli, fu colpita da ictus cerebrale con doppia occlusione della carotide, che le paralizzò la parte sinistra del corpo. Per la lesione cerebrale non poteva più parlare né camminare e si poteva nutrire solo con una cannuccia. Nohad pregò Charbel e nella notte del 22 gennaio 1993 sognò due monaci. Il primo le disse: “sono Charbel e sono venuto ad operarti”. Nohad si spaventò, ma il santo aveva già iniziato l’intervento senza anestesia. Nohad sentì le due dita del santo che le incidevano la gola e provò un dolore lancinante. Il secondo monaco, san Marone, le sistemò il guanciale dietro la schiena e l’aiutò a sedersi sul letto, dicendole: “Ti abbiamo operato. Ora puoi alzarti, bere e camminare”. Il sogno era così reale che Nohad si svegliò. Con stupore si accorse di muovere braccio e gamba sinistra e allo specchio vide ai lati del collo due tagli di dodici centimetri ciascuno, chiusi con tre punti di sutura a destra e quattro a sinistra, da cui fuoriusciva un sottile filo chirurgico. La notizia si diffuse come un lampo in tutto il Libano. San Charbel apparve poi ancora in sogno a Nohad e le disse: “Ti ho lasciato le cicatrici per volere di Dio, perché tutti possano vederle, soprattutto quelli che si sono allontanati da Dio, perché tornino alla fede. Ti chiedo di recarti all’eremo ogni mese, ogni 22, ricorrenza della tua guarigione e partecipare alla Messa. Là io sono sempre presente”. Così iniziarono i pellegrinaggi.

Appunti Libanesi

Mi sono recato diverse volte nella Terra Santa del Libano dove ho avuto la possibilità di pregare e celebrare la S. Messa sulla tomba di S. Charbel.
Mi ha accordato sempre le grazie che chiedevo.
In verità prego quasi esclusivamente per gli altri poiché per me chiedo pochissimo. Credo infatti di ricevere già tanto dal Signore con la pace e la gioia profonda che ho.
Forse proprio questo da fastidio ai malvagi, non saprei…
Ho visitato anche il luoghi dove sono vissuti e si conservano i resti mortali degli altri santi del Libano come Rafka, Nimatulha e i beati Estephan e Yacoub cappuccino.
Sono tutti degli eroi che hanno amato soffrendo e hanno sofferto amando.
La terra dei cedri è un messaggio per tutto il Medio Oriente.
Ho seguito anche il viaggio apostolico di Benedetto XVI laggiù e scritto tanto.
Prego il popolo meraviglioso del Libano, ricco di tradizioni, di fede e di valori. Martoriato dalla guerra civile, rialzatosi e poi ancora provato. Sono stato in Libano anche poco dopo l’operazione “piombo fuso” con i ponti ancora crollati e i palazzi crivellati di colpi. Sono i miei fratelli e le mie sorelle.
Affido ai santi del Libano anche i miei amici sacerdoti della Siria e le mie ex colleghe di università dell’Irak.
Cristiani perseguitati. Quante cose ho imparato da loro!
Affido ai santi libanesi i moltissimi amici del Libano.
In Africa i libanesi della diaspora sono stati per me una famiglia e lo sono ancora.
Laggiù è come casa mia, così simile allla nostra terra, una perla del Mediterraneo.
Anche un mio parrocchiano militare di Marina è nel Sud del LIbano, nella missione UNIFIL, alla frontiera con Israele.
E’ in buone mani.
Come Maria nella grotta di Tiro aspettava il risultato della predicazione del figlio, con il moi pensiero aspetto fiducioso sulla sponda della Fenicia che questa terra risorga dalle proprie ceneri. Ne guadagnerebbe tutto il bacino Mediterraneo.

Fra AMAB

 

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